giovedì 15 marzo 2012

Barriere architettoniche o culturali?

L’utilizzo dei diversi servizi presenti sul territorio è indicativo del grado d’integrazione sociale e di coinvolgimento alla vita quotidiana di tutte le persone; se noi consideriamo la città come la forma di governo più vicina ai cittadini e sicuramente a lei che spetta il compito di fare in modo che i beni e i servizi presenti sul territorio siano in grado di rispondere alle esigenze di tutti.

Un grande filosofo scriveva” di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie ma la risposta che da ad una tua domanda.
Una città che ascolta le domande delle minoranze traccia una via per migliorare la qualità della vita di tutti”

In questo contesto molti, pensando alle persone diversamente abili, pongono di diritto il problema delle barriere architettoniche che, seppur largamente riconosciuto e molto sentito da tutte le amministrazioni comunali, sviluppa di solito una serie di soluzioni progettuali finalizzate tuttavia a risolvere principalmente il problema negli edifici pubblici o nelle zone pedonali.

Tutto questo ignorando però che la facoltà di libero accesso, alle risorse sociali, allo sport, agli spazi di verde pubblico, di svago e di divertimento, rientra fra i diritti fondamentali di tutti gli individui e quindi anche delle persone diversamente abili.

Questo sistema di agire è il tipico risultato di un antico pensiero che esprime una riduttiva convinzione sulle necessità essenziali di alcune persone.
Ancora oggi si fatica a considerare, la partecipazione sociale, come un bisogno
primario che passa sì attraverso lo scivolo sul marciapiede e la porta più larga ma che poi trova la sua massima espressione nei luoghi, teatro da sempre, dell’età evolutiva di ciascuno di noi.

Il vero problema sono quindi le barriere mentali e culturali che si sono create intorno a queste persone e che purtroppo trasformano la disabilità in handicap relegando le stesse inevitabilmente in una condizione di emarginazione sociale.      
Per eliminare questo tipo di barriere è necessario avviare un processo di grande cambiamento culturale che deve mettere la persona, in quanto soggetto fisico con tutti i suoi diritti, al centro delle nostre attenzioni.

La strada verso l’integrazione impone anche un diverso modo di intendere la persona diversamente abile che, non và vista solo come soggetto adulto, ma soprattutto come un bambino o un adolescente con tutte le necessità, le esigenze e i problemi che lo accompagneranno durante la sua crescita compreso quindi il diritto di giocare, divertirsi e frequentare gli spazi di socializzazione in un processo attraverso il quale formerà il proprio carattere sviluppando la propria identità.