sabato 22 gennaio 2022

SACCO ROSSO NON AVRAI IL MIO SCALPO

Narra la storia che, in tema di spazzatura, siamo progressivamente passati dal famoso e unico sacco nero, dove ci stava dentro di tutto, ai due sacchi, poi ai tre e poi separa la carta e poi tocca al vetro e poi occhio ai giorni e agli orari. Il tutto senza nessun tipo di ritorno anzi, in questa gestione creativa vi è pure il rischio di prendere una multa in caso di errore. Ma questa è la differenziata ci insegnano, un comandamento civile di grande effetto, che dal punto di vista del cittadino è sintomo di valore morale e coscienza civica, ma che nasconde in se insidie economiche da non sottovalutare. Nel frattempo il servizio è decisamente peggiorato, non risponde certo ai canoni previsti dal capitolato e continua a subire aumenti non giustificati. Nel frattempo, narra la storia, che oggi ci sentiamo accerchiati, assediati da un nuovo regolamento che pare un enciclopedia con le pagine mischiate tale, da far impallidire le Tavole di Eraclea. Un regolamento che entra a gamba tesa nella vita dei cittadini rubando spazio e aria. Ci assegnano d'ufficio una convivenza forzata con un sacco rosso, con un chip di riconoscimento, neanche fosse la valigetta dei missili. Ennesima dimostrazione di come l'arroganza di questa amministrazione si fa gioco della mediazione sociale. Ennesima dimostrazione di come la partecipazione è il principio di sussidiarietà spariscono perché, come diceva Hobbes, l’unità della volontà politica coincide con l’unicità fisica della persona che governa, poiché gli individui si riuniscono in una comunità politica solamente nel momento in cui rinunciano a gran parte dei loro diritti naturali a favore del sovrano. Ma noi non siamo un bancomat silente, noi ci faremo sentire e se non fosse sufficiente chiederemo aiuto ai  SACCHI BLU DELL'ONU 



martedì 22 giugno 2021

Progetto di vita

E’ straordinario come in questi giorni alcuni rappresentanti della politica monzese si siano messi a parlare di sociale. In pochi però hanno posto l’accento sulla differenza tra Diritti e Bisogni. Va ricordato che mentre i bisogni sono per definizione individuali, i diritti, sempre per definizione, sono collettivi. Dal punto di vista giuridico-legale queste irrinunciabili sottolineature si sono concretizzate a livello di organismi di portata mondiale: l’ONU ad esempio.    Nel dicembre 1948, viene scritta la Convenzione Onu sui diritti dell’uomo, immediatamente dopo un periodo storico ricco di eventi di estrema drammaticità. Ma dichiarare (o proclamare) i diritti dell’uomo non è stato sufficiente, perché nel corso dei decenni successivi si è presentata la necessità di ribadire, puntualizzare, specificare alcuni contenuti che, benché intrensicamente presenti nella prima convenzione, venivano o ignorati o sottovalutati. Ecco allora una convenzione contro la discriminazione razziale, contro la violenza nei confronti della donna, contro la tortura, a favore dei diritti dei fanciulli, a favore dei lavoratori migranti e delle loro famiglie, a favore dei diritti delle persone con disabilità e, ultima, una proposta di legge che prevede:" Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. Questi ulteriori, e comunque importanti documenti trattano di aspetti che fanno parte, e una parte fondante, dell’essere umano, perché le persone di tutte le etnie e culture sono uomini, perché le donne sono umanità, perché i bambini sono futuri uomini, perché i lavoratori e le persone che dipendono dal frutto del lavoro sono uomini, perché le persone disabili sono uomini, perche tutte le persone sono umanità a prescindere dal loro orientamento sessuale. Ma allora perché il bisogno di altre convenzioni? Perché agli stati progrediti, democratici, tecnologicamente avanzati, va ribadito il concetto del “diritto dell’uomo”? Si è creata la necessità di avere una apposita convenzione per i diritti di queste persone perché si cominciasse a pensarle come uomini con prospettive di vita e di realizzazione personale e sociale pari a tutti gli altri. Ma è un segno di civiltà o una sconfitta? Forse perché si è lasciato campo ad una cultura che marcava le differenze e ad uno stato sociale che per distinguersi aveva bisogno di creare differenze. Ma quali sono le reali differenze fra le persone oggetto di tali convenzioni e gli altri? Nessuna nella sostanza. Ma c’è però qualcosa che li accomuna e che si chiama “progetto di vita” e che accompagna ciascuno di noi. Prefigurarsi un progetto di vita non è appannaggio solo di pochi, ma una necessità di tutti. Certo, esistono poi delle variabili che possiamo riportare come specificità per alcuni soggetti e che sono le strategie necessarie, da mettere in campo, perché il progetto si realizzi. Questa dovrebbe essere la competenza dei servizi, degli enti, delle professionalità coinvolte. Trovare strategie mirate, create ad hoc perché il progetto possa svilupparsi e crescere con la persona, ciascuno con tutti i suoi limiti. Il disabile, ad esempio, ha il diritto di stare in società mentre non è un diritto della società decidere di integralo. Io parto dal presupposto che quel bambino deve stare a scuola, così com’è; è difficile? Allora io intervengo sul come trovare le strategie.” Continuare poi a parlare di inclusione è sbagliato, cosi facendo si rafforza la convinzione che c’è qualcuno che sta fuori. Includere significa far entrare qualcuno o qualcosa in una serie o in un gruppo. Questo qualcuno, quindi, sta fuori, è esterno ed è necessario promuovere azioni ed interventi che lo rendano parte di un tutto. Se per definizione, non fosse considerato “fuori”, l’azione da promuovere sarebbe finalizzata a mantenerlo all’interno, dove ha un suo posto e una sua funzione ben chiara e stabilita. Ecco che allora serve fare comunità, con una politica sociale che operi con interventi affinché nessuno resti escluso. Un progetto di vita che renda la persona parte di tutto. La città, che è la forma di governo più vicina ai cittadini, ha il compito di promuovere e sostenere questo progetto, in tutte le sue forme e dinamiche, adoperandosi affinché i Diritti non si trasformino in bisogni. Questo progetto è trasversale a qualunque cosa (scuola, gioco, sport, cultura ecc). Il progetto di vita, quindi, è il vero (e forse unico) elemento unificante tra le persone: il progetto di vita dovrebbe dunque costituire lo strumento principale attraverso il quale una politica sociale mette al centro la persona tenendo conto delle diverse fasi della sua vita. Questo è lo stile che dovrà differenziale la politica sociale del futuro, passando attraverso un doveroso confronto sulla politica del presente. Se non si farà questo si continuerà a dar voce a chi, per garantire la normalità, crea insanabili disuguaglianze.


lunedì 22 maggio 2017

Evelyn Beatrice Hall, la campagna elettorale e gli strumenti della democrazia

L'aula del Consiglio Comunale è da considerarsi come il luogo simbolo della democrazia, intesa come forma di dialogo e di confronto civile. In questo contesto mi ascrivo tra i sostenitori della famosa frase di Evelyn Beatrice Hall"non condivido quello che dici ma mi batterò fino alla morte affinché tu possa dirlo". Una frase che vuole interpretare il pensiero di Voltaire sulla tolleranza e il diritto di parola.
Questo vale anche per l'attività politica di strada, quella rumorosa e dalle mille promesse da marciapiede.
Questo però non vuol dire, per chi ascolta, di dover rinunciare al diritto di critica. Mi riferisco in particolare ad alcuni racconti che animano i dibattiti di questa campagna elettorale e che, personalmente, meritano alcune precisazioni.
Se la democrazia è dialogo le parole ne sono gli strumenti e, in quanto tali, devono essere oggetto di cura particolare quanto al numero e alla qualità.
Per l'onestà del dialogo le parole non devono essere ingannatrici, devono rispettare e non corrompere il concetto altrimenti il dialogo rischia di diventare il mezzo per trascinare gli altri dalla tua parte con l'inganno.
Questo purtroppo è quanto ho percepito in questo periodo, sopratutto in occasione di alcune discussioni importanti, che hanno riguardato oggetti come:
Esselunga; raccontando la storia di un industriale talmente sprovveduto dall'aver investito 24 milioni di euro per un terreno a patate e che solo grazie al successo elettorale del centrosinistra, da Lui sostenuto, ha potuto concretizzare il progetto per la realizzazione di un nuovo centro commerciale.
Aumento degli affitti delle case popolari dove ho registrato il tentativo maldestro dell'opposizione di darne colpa a questa amministrazione ben coscienti che la storia nasce e si sviluppa attraverso atti amministrativi, ancorché legittimi, che riguardano la precedente amministrazione che ha sempre vissuto di rimandi fino ad arrivare al punto che questa decisione non poteva più essere rimandata, pena il rischio addirittura di un richiamo formale da parte della corte dei conti.
Mancanza di progettualità nel nuovo Documento di Piano in materia di nuove soluzioni abitative. Niente di più falso. Da ricordare invece che chi fa questa accusa aveva, a suo tempo, perso i contributi per la realizzazione del Contratto di Quartiere Cantalupo che prevedeva la costruzione di 14 nuove palazzine. E sono sempre gli stessi che, una volta recuperati i fondi da questa amministrazione, hanno votato contro al nuovo piano che prevedeva la realizzazione di 2 nuove palazzine.
Questione ex macello dove in molti si sono espressi con giudizi molto severi nei confronti dell'operato del sindaco, della giunta e nei confronti della maggioranza rea di aver sostenuto la posizione in aula con una linea di difesa molto imbarazzante. Io credo però che di imbarazzante c'è solo la posizione di chi non vuol leggere gli atti a disposizione, atti che raccontano di come si sono svolte veramente le cose, attraverso una sequenza disordinata di azioni, in quella che siamo comunque convinti essere stata un azione legittimata dalla posizione di governo di chi ha agito. L'espressione di una volontà politica che ha generato un progetto che è andato via via ampliandosi, con il contributo di nuove idee, fino ad interessare anche aree che per evidenti problemi non erano immediatamente disponibili.
Le mani nelle tasche dei cittadini. E qui è evidente il ritocco al rialzo delle aliquote IRPEF com'è evidente la modifica delle tariffe per i servizi a domanda individuale. Tutto vero, ma non si può limitare il discorso all'effetto giornale e campagna elettorale perché non c'è onestà intellettuale se si omette di dire che è stata non solo una scelta politica che ci ha permesso di mantenere invariato l'investimento sulle politiche sociali ma che è stata anche modificata la fascia di esenzione IRPEF portandola a 18 mila euro. Questo ha permesso di aumentare il numero degli esenti recuperando una fascia di cittadini che, a causa dell'introduzione del nuovo ISEE, non sarebbero stati più tutelati. In merito alla TARI poi, non solo è stata mantenuta la fascia di esenzione al minimo ISEE ma sono state inserite due nuove fasce con riduzioni previste nella misura del 50 e del 20%. E io capisco che ammettere queste cose significherebbe dare credito all'ordine del giorno presentato dal gruppo del PD in fase di discussione oggetto TARI, ordine del giorno contestato da una parte delle opposizioni che si sono espresse con voto contrario. Un ordine del giorno che non solo confermava le esenzioni per le fasce più a rischio ma ha introdotto riduzioni sulla TARI a vantaggio di una più ampia fascia di cittadini.
Per preservare l'onesta' del ragionare, deve essere prima di tutto rispettata la verita' dei fatti. Sono dittature ideologiche, quelle che li manipolano, travisano o addirittura creano o ricreano i fatti ad hoc. Quando si dicono le mezze verità è evidente che siamo in presenza di una precisa strategia comunicativa che mira a confondere la capacità di giudizio dell’opinione pubblica cittadina, strategia legittima ma pur sempre l'ennesimo trucco comunicativo ovvero come usare l'aspetto emotivo molto più della riflessione per provocare un corto circuito su un’analisi razionale dell’individuo così da scatenarne il senso critico. Roba da campagna elettorale.


martedì 21 febbraio 2017

PD or not PD e il rumore della politica

Che dire, l’impressione è quella di un partito decisamente fuori onda, con le vecchie avanguardie paragonabili ad antichi messaggeri inviati dalle aristocrazie nel campo nemico per trattare un accordo in luogo dello scontro. Nel frattempo “il resto” cerca di sopravvivere perso in una“disputatio” dove non mancano mai i soliti vecchi e noiosissimi Magister e dove l’unica cosa che pare ritrovarsi è la volontà di mantenere, da parte di molti dei prescelti (nel senso di non eletti) una identità politica ad uso e consumo personale.
E chi va via (dissente) perde il posto all’osteria, salvo poi lamentarsi se il disagio e il dissenso assumono carattere e forme poco aristocratiche, lontane dal bon-ton in giacca e cravatta. E il tempo scorre inesorabile tra la ricerca di un profilo alto e una caduta in basso. Ogni tanto qualche nostalgico, con il grembiulino scolastico della Gelmini, e in perfetto stile “non è mai troppo tardi” ci ricorda che i salari sono bassi e la pressione fiscale troppo alta e se si continua cosi potrei anche arrivare ad esprimere il mio dissenso nel rispetto del ruolo e delle istituzioni che sono chiamato a rappresentare senza mai scadere nella forma espressiva di insulto o di vilipendio e bla,bla bla……..
E poi, come se non bastasse, dobbiamo fare i conti con la politica dell’impressione, con i dilettanti del botto di fine anno, del tanto al metro, abili solo a costruirsi passaggi in video auto-celebrativi, senza vergogna, sempre truccati con un sorriso di plastica. E chi se ne frega poi se gli attuali equilibri politico-parlamentari sono quanto di più precario esiste oggi in Italia.
E' il rumore della politica, quello che ci ruba il silenzio, cattura le nostre immagini e confonde le parole.
E' la politica dell'Io sovrano quella che si indigna mostrando tutta la sua onorevole opulenza, sempre intoccabile e padrona assoluta di ogni diritto. E la mente va, ostaggio dei pensieri più cupi. Il lavoro che non c'è più, la spesa sempre più leggera, la famiglia sempre più in crisi. Ferragosto e Natale si confondono in un calendario sempre più uguale, dove i santi lasciano il posto ai problemi. E' il vivere vero di molti si mischia al vivere finto di pochi che, istituzionalmente preoccupati, non rinunciano a nulla e a te concedono il nulla.
Le luci della politica immune e vacanziera violentano la ragione e offendono la dignità di chi oggi deve decidere cosa può mangiare e, ciò che è peggio, quale malattie si può curare. Il peso degli anni trasforma piegandole le figure degli onesti, il peso della politica trasforma allungandole le figure dei molti disonesti. E' il rumore che fa la differenza, questo forte e fastidioso rumore che sembra lontano, ma purtroppo è sempre più vicino. E così benessere e disagio sono i dioscuri che governano le nostre giornate, ma guai a metterli in competizione tra di loro. Non posso pensare alle conseguenze.
C’è bisogno di una classe nuova di politici, di persone che restituiscano la dignità alla politica, vissuta come servizio verso gli altri, al di fuori di supine appartenenze a gruppi di potere legati da interessi particolari di caste. Ricominciamo dal basso a parlare di cose della vita, pratiche di tutti i giorni, direttamente al popolo più creativo, capace di grandi gesti di solidarietà, di grandi gesti di integrazione e che sarebbe perfino capace di vivere in pace, senza la presenza inquietante di questa politica irresponsabile.

Ognuno di noi ha una sua parte in questa storia, sta a noi renderla importante

venerdì 27 gennaio 2017

Il Veliero, un viaggio tra disabilità e cultura

L’Associazione “IL VELIERO” onlus si costituisce nel 2003 a conclusione di un progetto terapeutico sperimentale, il Laboratorio d’Espressione Teatrale 1998, svoltosi all’interno di un centro riabilitativo Monzese e che ha visto protagonisti, ragazzi diversamente abili d’età compresa tra i 16 e i 20 anni.
L’Associazione ha fatto propria l’esigenza di dare una risposta alle richieste di gruppi d’adolescenti arrivati ad un punto di svolta nel loro percorso terapeutico: il desiderio d’autonomia personale e sociale, il bisogno di un confronto con i coetanei, la ricerca d’autoaffermazione e di esprimersi in contesti sempre più connotati come ambienti di vita.
La caratteristica innovativa del progetto è stata quella di effettuare un percorso di ricerca e di formazione che, attraverso la conduzione parallela e complementare di tre figure professionali (un regista/attore, uno Psicologo, e un educatore socio-sanitario), permettesse di passare gradualmente da uno spazio terapeutico iniziale ad uno spazio teatrale vero e proprio, potenziando gli aspetti di ricerca culturale, creativa ed espressiva mediante l’approfondimento di tecniche teatrali.
L’obiettivo che è stato raggiunto, è la formalizzazione di due Laboratori Teatrali permanente che operano nell’ambito della disabilità offrendo, nel tempo, delle valide alternative ad inserimenti lavorativi poco gratificanti: uno spazio professionale a tutti gli effetti al fine di porre i ragazzi in condizioni di accedere in autonomia ad ambiti che richiedono l’assunzione d’impegni, responsabilità e comportamenti socialmente riconosciuti.
Non deve stupire quindi, il fatto che L’Associazione “IL VELIERO” onlus persegua come paradigma della propria missione il binomio “cultura e disabilità”: l’accesso alla cultura è un diritto fondamentale per ognuno e un mezzo indispensabile per garantirsi la piena partecipazione alla società.
Si tratta anche di un requisito per assicurarsi un viatico per l’istruzione e l’occupazione; malgrado questa considerazione le persone disabili, il più delle volte, sono escluse dalle attività culturali ed artistiche, esistono solo come cornice, soggetti passivi, di frequenti manifestazioni benefiche.
Si sorvola con troppa facilità che la cultura è uno strumento molto importante di comunicazione, per le persone diversamente abili, in alcuni casi il solo possibile- viene in mente la pittura o la scrittura- e aumenta la consapevolezza dei diritti e dell’immagine degli stessi.
Far cultura significa anche offrire, a chi non riesce ad esprimersi, la possibilità di realizzarsi nel pieno rispetto della propria condizione esistenziale.
A tal fine l’Associazione continua a sostenere la produzione d’eventi-spettacolo nei quali agiscono degli artisti diversamente abili.
Nello specifico si trova nel lavoro teatrale la più alta concretizzazione di tutte le nostre convinzioni: il Teatro costituisce una delle più intense metafore della vita e del pensiero.
Nelle più recenti reinterpretazioni l’attività mentale dell’individuo è immaginata come un palcoscenico affollato di personaggi eterogenei, i quali esprimono ora antiche ferite, ora desideri e che in gran parte si alternano attraverso realizzazioni e contraddizioni in ogni fare e in ogni dire del soggetto, senza che quest’ultimo ne sia pienamente consapevole.
Da questo punto di vista il teatro che include ampi elementi di finzione e di recita, pone in luce anche elementi di spontanea e libera manifestazione del proprio mondo interiore e di giudizio del quotidiano.
E’ come se nelle forme dell’attività teatrale, l’attività mentale divenisse, da intangibile e invisibile, manifesta e rappresentata.
Si tratta, in sostanza, di un incontro tra il “dentro” e il “fuori”, tra il Sé interno e il mondo esterno, un incontro il quale di volta in volta sarà possibile o impossibile, produttivo o mancato, riconosciuto o aggredito.
La particolarità della nostra sperimentazione consiste nella costruzione di una porta sul confine tra possibile e reale, tra pensato e agito; nel operare in uno spazio/contenitore, lo spazio teatrale, dove è possibile dare significato alle esperienze personali proprio perché queste sono raccolte da un pubblico di spettatori (il mondo esterno, i cittadini di Monza).
Vi è infine il desiderio di stabilire un contatto con il mondo perché l’Io implica un costante confronto con gli altri.
Questo è il nostro pensiero e queste le nostre aspirazioni ma, fino a quando i nostri ragazzi saranno considerati dei malati dal grande pubblico, si farà fatica ad accettare la nostra come una normale Associazione di tipo Culturale e gli attori come una normale compagnia di teatro stabile.
Il modo con cui questa società guarda alle persone con disabilità li rende inevitabilmente cittadini diversi, soggetti malati e in costante cura costretti a vivere, tutta la vita, da utenti di un servizio ed esentati quindi dai normali compiti della vita.
Non’è più accettabile che tutto quello che si fa o si pensa a favore di queste persone, debba esclusivamente avere una valenza sanitaria ed essere di competenza assoluta dei Servizi Sociali.
Per eliminare le vere barriere che impediscono a queste persone di vivere la vita come chiunque altro, è necessario coinvolgere i responsabili cittadini, a tutti i livelli, in un processo di educazione e di grande cambiamento culturale.
Se noi consideriamo la città come la forma di governo più vicina al cittadino è alla medesima che spetta il compito di promuovere nuovi spazi e forme di partecipazione collettiva, nella quale libertà e uguaglianza sono comuni denominatori affinché tutte le persone possano muoversi, pensare e agire come dei normali cittadini.

Con il prezioso contributo di Enrico 

x info festival nazionale
  
 http://www.ilveliero-onlus.org/wp/festival/







mercoledì 7 dicembre 2016

Politiche Sociali e Care Giver La visione del welfare nel nostro comune


Nella seduta di Consiglio Comunale di Lunedì 5 Dicembre si è discusso in aula la proposta di delibera per l'adozione del Regolamento per la disciplina dell'erogazione di interventi e servizi sociali dei Comuni dell'Ambito Territoriale di Monza.                                                               Un oggetto che non deve essere considerato solo come un regolamento tecnico amministrativo ma sopratutto come un documento politico a tutti gli effetti. Un Documento che rappresenta la visione del welfare del nostro comune e risponde alle domande di bisogno dei nostri cittadini, che oggi vivono in un sistema dove la struttura sociale, in continuo e costante mutamento, è costretta a confrontarsi sempre più spesso con dinamiche che nulla hanno a che vedere con l'idea originaria del Welfare. Un idea che nasce due secoli fa dall’esigenza di eliminare, o limitare, le disuguaglianze tra i cittadini di uno Stato, per fornire servizi e garantire diritti essenziali per un tenore di vita accettabile alle classi svantaggiate: parliamo di assistenza sanitaria, istruzione e accesso alle risorse culturali, diritti del lavoro, pensioni, sostegno contro la povertà, integrazione, il tutto con una declinazione individuale del concetto di assistenza collettiva. Funzionava così, quando avevi bisogno, lo Stato interveniva. Attraverso la storia questa declinazione si è via via modificata in un universo di diritti esercitabili non solo in caso di bisogno, ma per tutti, sempre. Nell’evoluzione storica dei servizi erogati dai comuni, spiccano attività che hanno vissuto una fase di espansione economicamente rilevante fino ad impegnare risorse di bilancio molto importanti, che sono state veicolate a finanziare la voce dei cosidetti servizi a domanda individuale. Servizi che trovano classificazione nel dm del 31 dicembre 1983, che prevede che i comuni sono tenuti a definire l'elenco di tutti i servizi pubblici a domanda individuale e che si definiscono servizi pubblici a domanda individuale tutte quelle attività gestite direttamente dall’ente, che siano poste in essere non per obbligo istituzionale, che vengono utilizzate a richiesta dell’utente e che non siano state dichiarate gratuite per legge nazionale o regionale. Nasce cosi il contenitore sociale dove la città, che è la forma di governo più vicina ai cittadini, esprime e rappresenta il suo grado di attenzione nei confronti dei bisogni dei cittadini stessi. E veniamo così al nostro documento che è figlio di una progressiva applicazione di linee guida che hanno regolato l'attività del settore fino ad oggi. (questa non'è la revisione di un vecchio regolamento perchè di fatto non'è mai esistito). E' un documento che è il frutto di un lungo lavoro collettivo, voluto dall'assemblea dei sindaci dell'ambito di Monza Brugherio Villasanta in qualità di organismo di indirizzo politico e che è stato condiviso attraverso il tavolo di sistema. Parliamo di tre comuni con dimensioni e esigenze diverse ma che hanno deciso insieme di fare questo esercizio di condivisione per rendere questo regolamento il più omogeno possibile e questo anche per rispondere alle varie istanze pervenute da parte dei cittadini e delle associazioni di territorio. Il risultato è un documento che si compone di due parti dove la prima riguarda specificatamente gli indirizzi politici dove sono declinate le finalità e gli obiettivi che sono la vera essenza di questo documento e che ci consegnano una visione della città improntata sul principio delle pari opportunità e della coesione sociale. La seconda contiene le schede tecniche dei vari servizi erogati con le modalità di accesso e di erogazione in un insieme di norme che servono a disciplinare le attività di questo settore. Un regolamento che non'è solo a tutela e imparzialità dei trattamenti dati ai cittadini, che sanno così cosa chiedere e come chiederlo ovvero quali sono i loro diritti ma anche di tutela nei confronti degli operatori in quanto stabilisce in modo chiaro quali sono i confini entro i quali possono operare. E' di facile interpretazione con 19 interventi disciplinati di cui 17 omogenei per ambito. Questa piccola differenza sta nel fatto che alcuni comuni hanno ritenuto di dover mantenere alcuni servizi come ad esempio quello dei trasporti. Quello che non'è, è che non deve essere interpretato come la legge delle prestazioni ma come un documento implementabile e non esaustivo delle prestazioni erogate. Ci sono infatti altri tipi di intervento erogati dai servizi, non contemplati dal regolamento e che non rientrano quindi tra le prestazioni soggette alla presentazione del certificato Isee. Detto questo mi guardo bene dall'entrare nello specifico delle singole voci e mi limito a richiamare l'attenzione su alcuni servizi che meritano una particolare considerazione in quanto segnali importanti di attenzione e di risposta al mutamento sociale di questi anni e che sono: servizio spazio neutro - incontri protetti, uno spazio sicuro e accogliente per favorire gli incontri tra minore e famiglia, nei casi di evidente conflittualità, e questo sotto la supervisione di operatori qualificati, il buono sociale per prestazioni rese da Care Giver familiari, strumento previsto fino ad oggi come contributo per la sola assunzione di badanti. L’Italia è l’unico Paese europeo a non avere ancora norme a sostegno dei caregiver familiari ossia di coloro che si curano in ambito domestico di familiari non autosufficienti a causa di severe disabilità, figure sulle quali si poggia buona parte del welfare italiano. L'introduzione di questa figura, peraltro già riconosciuta in alcuni casi a livello Regionale, certifica la sensibilità sociale di chi nel nostro comune si occupa di queste tematiche. Allegato a questo regolamento abbiamo una tabella calcoli dove sono disciplinate le fasce Isee e che riporta i valori che vengono definiti annualmente con provvedimento della giunta comunale in fase di approvazione del bilancio. A seguire il regolamento dei servizi andiamo ad approvare anche il nuovo regolamento Isee ( nuovo perchè recepisce un decreto del consiglio dei ministri del 2013 che modifica in maniera sostanziale il vecchio regolamento Isee, in vigore fino a al 2014) che tocca il tema della compartecipazione alla spesa. Lo stesso dm del Dicembre 2012 prevede inoltre che i Comuni sono tenuti a definire, non oltre la data della deliberazione del bilancio, la misura percentuale dei costi complessivi di tutti i servizi pubblici a domanda individuale e che per detti servizi i comuni, sono tenuti a richiedere la contribuzione degli utenti, anche a carattere non generalizzato. In questo contesto l’Amministrazione valuta, in relazione alle disponibilità di bilancio, la quota parte di esso finanziabile con risorse comunali e quella residua da porre direttamente a carico dell’utenza, definita anche in relazione alla capacità economica del soggetto mediante presentazione dell’ISEE. Riuscire oggi a garantire un accettabile equilibrio sociale ed economico tra il soddisfacimento della domanda di servizi avanzata dal cittadino e il costo posto a carico dell'utente, assume un'importanza davvero rilevante e questo cercando di proteggere il più possibile il sociale, un settore questo nel quale assistiamo ogni giorno ad un notevole incremento delle domande di intervento - spinte dall'incremento della povertà - domande che si indirizzano sempre più ai servizi sociali dei Comuni, da tempo dotati di risorse assai contenute. Ed'è un incrocio molto pericoloso quello che si determina tra la riduzione di una già contenuta spesa pubblica e la forte crescita delle domande. Un campanello d'allarme che sono sicuro interesserà in modo trasversale tutte le forze presenti in quest'aula. Chiudo con un doveroso riconoscimento per l'ottimo lavoro svolto da tutte le persone che hanno contribuito alla stesura di questo documento, dall'assessore competente Bertola che l'ha promosso e sostenuto, ai nostri tecnici comunali, che hanno dimostrato ancora una volta grande competenza e professionalità e con un ringraziamento ai colleghi commissari che hanno condiviso un importante percorso attraverso diverse riunioni di commissione alle quali hanno partecipato in maniera propositiva con osservazioni e interventi che hanno dato valore aggiunto alla stesura di questo documento conclusivo. Un documento che ci auguriamo tutti, possa essere il primo passo verso la realizzazione della nostra carta dei servizi.




giovedì 8 settembre 2016

Il Villaggio Alzheimer e le aree dismesse

Un Paese ritrovato.
Nel primo consiglio, dopo la pausa estiva, in Consiglio Comunale è stata approvata a larga maggioranza la delibera che da il via alla realizzazione del progetto denominato "Un Paese Ritrovato". Un progetto che per la sua natura particolare e per il suo valore morale apre uno spazio di riflessione ben più importante e che va oltre la pura questione urbanistica.
Si tratta di un progetto assolutamente rivoluzionario che prende vita in uno spazio che sembra tutto fuorché un istituto di cura. Un Villaggio Alzheimer dotato di parrucchiere, di spazi per la socializzazione e la riabilitazione dei residenti e non, aperto ai familiari ed alla popolazione del quartiere, e questo al fine di favorire la massima integrazione della struttura col tessuto sociale esistente dove la caratteristica principale della metodologia d'assistenza è proprio quella di non modificare le abitudini e i comportamenti dei pazienti, lasciandoli liberi di muoversi senza avere il timore di perdere l'orientamento, di socializzare, di vivere la propria vita in comunità, seppur sotto lo sguardo attento e vigile di operatori medici.
Non sono “malati” da medicalizzare, ma persone con capacità residue che comunque è possibile mantenere. Così anche il luogo dove trascorrono il tempo non è più un “ricovero”, ma una casa. La “loro” casa. E in questo concetto, che ho cercato di riassumere in poche parole, sta tutta la particolarità di questo progetto.
Un progetto assolutamente innovativo che avrà un momento di percorso sperimentale e che darà sicuramente un valore aggiunto alla nostra città proiettandola tra le prime due città in Europa a dotarsi di una struttura simile e che si pone quindi all'avanguardia nell'assistenza delle persone affette da problemi di demenza in genere e Alzhaimer.
Ed'è proprio di fronte a richieste di questo tipo che la politica deve svolgere il suo compito, che è anche quello di operare per lo sviluppo e la crescita della comunità. Un servizio che si fa anche accompagnando e semplificando l'iter per la creazione di nuovi spazi a disposizione dei cittadini. Siano essi di tipo pubblico o di tipo privato. Oggi non possiamo permetterci di rinunciare a qualsivoglia forma di servizio di assistenza, ce lo chiede l'allungamento dell'eta della vita unito all'innovazione dei trattamenti che ci permettono di vivere una vecchiaia piu serena e più lunga. E in questo contesto la città ha solo da guadagnarci.
Vale comunque la pena ricordare, come avviene in tutti i casi, che
verrà una convenzione che tende a privilegiare i residenti e riservare alcuni posti a disposizione dell'AC.
A chi mi domanda poi il perchè di una scelta che, seppur con risvolti sociali molto forti, va ad intervenire su un area oggi a destinazione agricola, rispondo tranquillamente che accanto alla valenza sociale c'è anche quella imprenditoriale dove uno dei punti di forza tra costi e ricavi crediamo che, in questo caso, sia proprio quello di poter tenere tutti i servizi vicini, in un unico posto, dove ho il centro direzionale, il controllo della logistica, dei servizi tecnologici (dati, controllo accessi, sistemi di sicurezza, caldo e raffrescamento, antincendio) la possibilità di utilizzare, in caso di qualsiasi emergenza, di altri spazi, strumentazioni e risorse umane e cosi via. E ci sarebbero tante altre motivazioni inerenti a giustificare questa scelta ma verrebbe uno scritto troppo lungo e noiso.
Alla luce di queste riflessioni io e tutto il gruppo del PD abbiamo da subito apprezzato e condiviso le finalità di questo progetto sostenendolo fin da subito, in sede di adozione del Documento di Piano, presentando un emendamento che cambiava la destinazione d'uso del terreno destinato ad ospitare questo Villaggio. Un emendamento importante che continueremo a rivendicare e a difendere. Cosi come rivendichiamo orgogliosi il fatto di aver collaborato alla nascita di questo Villaggio Alzheimer dichiarandoci favorevoli alla delibera, che ha dato il via definitivo per la realizzazione di quest'opera che renderà Monza una città più Europea e più vicina ai cittadini.