sabato 30 novembre 2013
Monza e il bilancio in equilibrio tra due Provincie
Se la democrazia e' dialogo le parole ne sono gli strumenti e, in quanto tali, devono essere oggetto di cura particolare quanto al numero e alla qualita'.
Per l'onesta del dialogo le parole non devono essere ingannatrici, devono rispettare e non corrompere il concetto altrimenti il dialogo rischia di diventare il mezzo per trascinare gli altri dalla tua parte con l'inganno.
Questo purtroppo e' quanto ho percepito in occasione della discussione di questo oggetto, a cominciare dalla fase delle domande, che più che altro mi sono sembrati dei proclami.
Nello specifico si e discusso animatamente della questione che riguarda la gestione trasporti Tpl e del presunto debito che Monza avrebbe nei confronti della provincia di Monza e Brianza. L'accusa mossa dai banchi della minoranza, e' quella di non aver inserito questo debito nelle variazioni negative del documento di bilancio così da configurarlo come un grave atto di falso amministrativo.
Qui pero' serve ricordare ancora una volta i contorni di questa vicenda che non nasce all'indomani dell'insediamento della giunta Scanagatti ma, nei fatti, prende avvio nel 2009 con una serie di azioni legittime compiute dall'allora giunta Mariani la dove, le controverse vicende economiche si sono trascinate fino ad oggi e che quindi nulla di questo deve essere imputato alla cattiva gestione di questa amministrazione che le ha solo ereditate.
Aggiungo inoltre che, a fronte di una richiesta economica della Provincia di Monza ritenuta da tutti, compreso quindi la precede amministrazione,al di fuori da ogni logica, e' giusto che notissime titani atto tutte le azioni per evitare uno spreco di denaro consistente. Da qui l'avvio di una ricorso giudiziario in un percorso non ancora concluso.
Viceversa c'e da domandarsi come mai nel biennio 2010/2011 la precedente amministrazione non abbia pensato di inserire gia' allora questo presunto debito in fase di approvazione dell'analogo documento di Ricognizione sugli equilibri di bilancio.
Certo, ora qualcuno dira' che questa dialettica e' il legittimo fare della politica dove una volta sei la preda e la volta dopo cacciatore. Tutto vero ma, in questo specifico caso,rimane il fatto che si tratta di un puro e semplice atto di propaganda politica che ha il solo scopo di attaccare, sul piano politico, questa amministrazione comunale.
Ovvero; non serve ai cittadini ma fa molto notizia.
Come del resto dovrebbe fare parimenti notizia il fatto che il nostro Comune, sempre causa vicenda trasporti, vanti un credito nei confronti della Provincia di Milano e che, guarda caso,non raccoglie allo stesso modo del presunto debito le ire dell'opposizione dalle cui parti non si registrano prese di posizione.
E così, in questa discussione, abbiamo una giunta di centrosinistra stretta tra due giunte di centrodestra coinvolta in una disputato magistralmente orchestrata da un consigliere di minoranza in palese conflitto di interessi tanto che non si capisce se l'azione stessa e' fatta a benefio della Provincia di MB, della quale e' un illustre esponente, o a beneficio dei cittadini Monzesi.
Rimane il fatto che va chiarita la posizione dei Revisori dei Conti, anche alla luce dell'emendamento che verra' presentato dal Sindaco a nome della giunta.
Sul resto del documento non ho dubbi sulla corretta costruzione dal punto di vista tecnico e delle cifre, riconoscendo in questo lavoro la competenza dell'Assessore parimenti a quella professionale del Dirigente di settore e dei sui collaboratori.
Sempre sul documento in generale, condivido le diverse richieste di maggior trasparenza fatte da molti consiglieri per una migliore comprensione delle variazioni negative, riferite alla loro natura che, per intenderci, significa sapere cosa abbiamo lasciato indietro.
Chiudo con una segnalazione positiva relativa al capitolo Servizi alla Persona che, a fronte di qualche variazione negativa, registra comunque un saldo positivo con un aumento di spesa di circa 500 Milan euro. Questo dimostra, ancora una volta, il grado di attenzione che questa amministrazione ha per le persone.
Grazie
sabato 12 ottobre 2013
Plutarco,Voltaire e il Consiglio Comunale
E' in discussione il nuovo regolamento del Consiglio Comunale e anch'io, come altri consiglieri, voglio prima di tutto sottolineare l'importante lavoro svolto dai Commissari incaricati e che ha prodotto un importante documento, oggetto del dibattito di questi giorni.
Sul regolamento in generale non entro nel merito degli articoli, mi permetto solo di esprimere una semplice considerazione che riguarda il numero degli articoli che e' passato da 47 a 87. E' vero, c'e stata l'integrazione delle parti che riguardano le Commissioni ma 84 articoli paiono sempre molti per chi ha inn mente una politica piu' semplice e comprensiva.
Vorrei invece spendere alcuni minuti per spostare l'attenzione sul destinatario di questo regolamento e cioe' il Consiglio Comunale. Un organismo politico che svolge le sue funzioni in questa sala in un ipotetico e immaginario centro della citta', la stessa citta' che dobbiamo pensare oggi essere la forma di governo piu' vicina ai cittadini e che si identifica attraverso il Consiglio Comunale eletto in rappresentanza di tutta la comunita' locale. Un Consiglio Comunale che si presenta quindi come simbolo di liberta' e di democratico confronto, tra posizioni e idee diverse dove, se la democrazia e' l'arte del dialogo le parole ne sono gli strumenti.
E voglio allora puntare l'attenzione su due importanti e fondamentali principi che, se ben applicati, ne esaltano il democratico funzionamento.Faccio questa escursione con l'aiuto di due importanti filosofi cominciando con Voltaire e la sua famosa espressione sul diritto di parola ovvero:"non condivido quello che dici ma difendero' fino alla morte il tuo diritto di dirlo". Questo si traduce nella possibilita' per tutti, e sopratutto in qquest'aula, di esprimere le proprie idee e posizioni nel rispetto di chi ascolta, anche se non ne condivide la sostanza. Questo ci porta al significato dell'ascolto e all'insegnamentonche ci arriva in questo da Plutarco attraverso il suo trattato dal titolo"l'Arte di Ascoltare" dove e' presente il forte richiamo all'errore che commettono molti politici nel voler esercitare l'arte del dire prima di essersi impratichiti di quella di ascoltare. E quello di non ascoltare o disturbare l'oratoreve uno dei difetti in cui inciampano molti di noi, e io mi metto per primo fra questi.
Questo purtroppo avviene anche quando siamo in mezzo alla gente dove invece di ascoltare siamo piu' portati a catechizzare.
Con questo breve intervento non ho la presunzione di voler insegnare impartire alcunché di insegnamento a nessuno voglio solo dire che per ciò che attiene all'attività del Consiglio Comunale, oltre al giusto regolamento che ne stabilisce i vincoli tecnici, esistono anche e sopratutto una serie di principi tra cui il diritto di parola e la disponibilità all'ascolto che, anche se non inseriti in nessun regolamento, sono anima e fonte di democrazia in un sereno e democratico confronto e il loro rispetto e applicazione, può solo migliorarne la qualità a prescindere da rispetto del regolamento e da numero degli articoli.
lunedì 30 settembre 2013
Riqualifica area ex Colombo (piazzale Virgilio)
In senso generale abbiamo già avuto modo di aaffrontare il tema dei PII soprattutto in sede di presentazione dei 21 ambiti di riqualificazione e durante la discussione sul documento di inquadramento.
Oggi ci occupiamo nello specifico del'inserimento di uno di questi ambiti ( ex Colombo in piazzale Virgilio), nel rituale della rigenerazione urbana, più' semplicemente detta squalifica.
E questo senza mai dimenticarci che occuparsi della città', e nello specifico dei quartieri e urbanistica, significa tentare di tenere insieme il traliccio disordinato della Cividas con la complessità del'Ubs, della forma, delle funzioni, degli interessi e del futuro della città anche e sopratutto, quando si tratta di processi di rigenerazione urbana. (cit. C.Martini).
E in questo caso parliamo di un processo decisionale che opera in almeno tre dimensioni distinte, che sono ben descritte dagli esperti e sulle quali è necessario puntare la nostra attenzione e che sono:
La bonifica dei suoli interessati da dismissione e riqualificazione urbana
La salvaguardia dei legami sociali danneggiati dalla dismissione e dal vuoto urbano.
La ricostruzione della sfera pubblica ovvero la negoziazione tra interessi pubblici e private.
Per quanto riguarda la prima dimensione, il procedimento di bonifica è normato da leggi e regolamenti. Il suo rispetto è ampiamente verificabile attraverso l'obbligatorietà' della presentazione dei documenti, come risulta dagliaallegati che accompagnano questo progetto.
L0è altre due dimensioni meritano sicuramente una più approfondita riflessione cominciando col idriche la riqualificazione delle aree dismesse ci dà l'opportunità di destinare ad altri usi grandi fette del territorio cittadino altrimenti abbandonate.
È possiamo si
curamente affermare che, come nella fattispecie, si tratta di interventi indirizzati a migliorare la qualità della vita, data la ricaduta
finale
del'intervento sulla società locale.
Questo passaggio mi dà l'opportunità di esprimere una riflessione sulla natura sociale di questo intervento in termini di riqualificazione del territorio, del'ambiente, del paesaggio nonché sul coinvolgimento attivo dei cittadini.
Ci siamo detti molte volte che l'attuazione delle politiche di riqualificazione vada affrontata partendo dal terreno della mobilitazione dal basso, in un processo virtuoso di condivisione circa il futuro del territorio e del suo patrimonio storico. Un percorso partecipativo esteso a tutte le realtà sociali e culturali del territorio coinvolgendo tutti i rappresentanti delle varie categorie di cittadini interessati ovvero i famosi Stakeholders, cioèoogni soggetto o categoria di soggetti portatori di un interesse di qualsiasi natura nei confronti della realizzazione del progetto. E questo processo è cominciato con l'incontro di quartiere proseguirà con la fase delle osservazioni, alle qual va tutta la nostra doverosa attenzione, per terminare poi con la discussione finale, prima della definitiva delibera di attuazione. Per quel che mi riguarda ritengo che nel'implementare:-)ione di politiche degenerative il consenso allargato ball'intera popolazione o ad una quota significativa della stessa è un elemento fondamentale per l'efficacia del'intervento.
Dalla presentaazione del progetto si evince come sia stata data ampia rilevanza alla volontà' di generare un miglioramento della qualità urbana attraverso l'integrazione di diverse funzioni, creando nuovi spazi pubblici, pensando anche ai servizi dando così nuovo impulso alle attività commerciali.
Dà considerare anche la previsione di una possibile riqualifica anche del'ultimo tratto di viale Lombardia, interessato dà questo intervento.
Come già detto la progettazione dei nuovi edifici dovrà volgersi il più possibile verso la sostenibilità ambientale grazie a soluzioni che mirino ball'efficienza e al risparmio energetico, ball'utilizzo di tecniche e materiali costruttivi a ridotto impatto ambientale. Dovrà essere posta estrema attenzione alla compatibilità paesaggistica dei nuovi profili urbani. Gli edifici dovranno essere connotati da elementi di forte qualità architettonica e da un linguaggio formale che sappia confrontarsi con le preesistenze storiche. Uno sguardo doveroso al futuro senza però dimenticare il passato, la dove è possibile la conservazione della memoria storica .
Vado a chiudere con un breve sconfinamento che riguarda i rapporti con il sistema delle relazioni e dei servizi in un quadro generale che coinvolgerà tutti gli ambiti di riqualificazione nella nostra città .
E qui ritengo necessario verificare che vi sia un sostanziale rapporto tra gli ambiti di trasformazione e la politica comunale dei servizi in, andando ad interagire con il piano dei servizi. Un rapporto che non dovrà avere tra le caratteristiche più importanti quella prettamente numerica bensì quella maggiormente quantitativa legata all'accessibilità dei servizi, alla loro completa fruibilità, ball'identità degli spazi pubblici di connessione e di relazione, alla qualità del'abitate in città. E ciò anche in considerazione che ciascun ambito di trasformazione possiede caratteristiche che lo rendono originale e diverso dagli altri. Chiudo dicendo che con questo intervento andiamo a riqualificare un ampia zona da tempo abbandonata, contestualizzando le nuove soluzioni nel tessuto storico-urbanistico di quella zona che si caratterizza come un importante porta di ingresso della città.
giovedì 1 agosto 2013
Il Bilancio, Voltaire e la democrazia discutidora
Posto che sono un grande sostenitore della famosa frase di Voltaire, sul diritto di parola, non posso però non rispondere ad una serie di considerazioni e accuse, più che legittime in democratico confronto, arrivate dai banchi della minoranza che mi fanno venire in mente certi ricordi, legati al bilancio di previsione 2010 dell'allora giunta Mariani.
Vediamone alcune
Hanno
accusato che il piano degli investimenti punta troppo sui proventi
delle alienazioni, in un periodo di crisi del mercato immobiliare,
vero ma buffo perchè nel bilancio di previsione 2010, dell'allora
giunta Mariani, gli introiti previsti da alienazioni furono
raddoppiati rispetto al 2009 passando da 17,2 milioni a 34,3 con una
previsione sul triennio 2010-2012 di ben 146 milioni. Anche allora
eravano in piena crisi del mercato immobiliare. Hanno
puntato il dito contro gli oneri di urbanizzazione Buffo
perchè anche in questo caso la scorsa amministrazione ha messo a
bilancio, come fonte di entrata, una enorme previsione dei proventi
derivati dagli oneri di urbanizzazione, con una previsione nel 2010
di 23,4 milioni ovvero + 300% rispetto al 2007 per un finanziamento
degli investimenti pari al 18%. Anche
la questione multe ha tenuto banco in diverse occasioni con ripetute
accuse di voler far cassa a danno dei cittadini ma, anche in questo
caso, i numeri ci raccontano di come la passata amministrazione aveva
previsto, in bilancio, un aumento del 20% delle entrate da sanzioni
amministrative passando da una media di 3,6 milioni a 4,6 milioni. Si
è detto di un bilancio freddo, dei numeri, senza cuore e che mette
le mani in tasca dei cittadini. E che dire allora del taglio di 1,3
milioni, previsto nel bilancio 2010, sul settore dei servizi sociali
il più delicato e il più coinvolto, in un anno dove la crisi era
esplosa in tutta la sua drammaticità. E' vero c'è la Tarsu, una
novità pesante, imposta a livello nazionale con dei vincoli che
impongono il rispetto del saldo. Ma qui nulla impedisce all'aula di
fare proposte ed emendamenti in merito, nel rispetto delle
imposizioni di legge. Per il resto, a fronte di un mantenimento
invariato delle tariffe dei servizi a domanda individuale, previsto
in questo bilancio, mi preme ricordare viceversa, di come la
precendende amministrazione ha operato nel 2010 passando da una
copertura a carico degli utenti del 52,6% al 65,2 con consistenti
aumenti per le rette delle mense, dei servizi ricreativi e dei
servizi cimiteriali di oltre il 40%. E'
partita una violenta accusa nei confronti dell'Assessore alla partita
rea di non aver fatto la spending review. Buffo perchè anche qui la
storia ci ricorda di come la precedente amministrazione aveva
riproposto un numero consistente di consulenti tra i quali spicca
l'incarico del valore di 400.000 euro per la progettazione del
recupero dello stabile ex Inam costato ai cittadini ben 5,5 milioni e
abbandonato comunque poi al suo degrado. Senza contare poi la figura
del capo di gabinetto del sindaco che dova occuparsi tra l'altro
della gestione dei centri sportivi (palazzetto e Nei con le
conseguenze che tutti conosciamo) Degli assessori di cartone, dei
telefonini, e tanto altro ancora. Da
evidenziare inoltre l'eredità di circa 3 milioni di euro di bollette non
pagate, che sono state messe obbligatoriamente a bilancio. Di
contro la nuova giunta stà procedendo sulla strada del riassetto
della macchina comunale. Su tutti la figura del Direttore Generale
che ricopre anche l'incarico di segretario generale e il rinnovo del
CDA della TPM. Azioni che hanno permesso una consistente riduzione
dei costi. Si
è parlato molto sulla legittimità/necessità di aquistare il teatro
Manzoni è vero, è una spesa veramente importante, ma qui però
dobbiamo decidere se vogliamo mettere in discussione la necessita di
ripianare i debiti della ex partecipata del comune Scena Aperta,
attraverso l'acuisto dell'immobile, altrimenti, da amministtratori
responsabili, dobbiamo avere il coraggio di avanzare delle altre
proposte. Ancora
sul canile, una vicenda da telenovela, tra cambi di destinazione e
ricorsi al TAR. Una storia che ha vissuto il suo periodo di punta nei
5 anni della giunta precedente. Non si può attribuire anche questo
pasticcio all'amministrazione Scanagatti. Si
è accennato anche alla questione gestione trasporti tra TPM/Net/AtM.
Qui però serve ricordare che il tutto nasce nel 2009 con una serie
di azioni legittime, compiute dall'allora giunta Mariani, la dove le
controverse vicende economiche si sono trascinate fino ad oggi e che
quindi nulla di questo deve essere imputato a questa amministrazione
che le ha solo ereditate. Di fronte ad una richiesta economica, al di
fuori di ogni logica, è giusto che la nuova amministrazione metta in
essere tutte le azioni per evitare uno spreco di denaro consistente.
Ricordo poi che il contratto di servizio scade nel 2014 e che c'è
l'impegno dell'assessore competente a rivedere il tutto anche in
funzione di cosa riserverà il futuro alla nostra provincia.
In
conclusione sebbene io e l'amico Voltaire difendiamo il legittimo
diritto di parlare di tutti e pur comprendendo personalmente la
fisiologica trasformazione politica da preda a cacciatore, è bene ricordare che in una Democrazia Discutidora le parole, in quanto strumenti, sono importanti e perciò devono rispettare la realtà dei fatti. Non mai dimenticare le nostre azioni compiute
poichè resteranno comunque scritte per sempre nella storia di questa
città.
Bilancio di previsione 2013 tra Tares e Imu
Questo
bilancio, il primo di questa nuova giunta, viene presentato a poco
più di un anno dal rinnovo degli organi di governo del nostro
comune, in un periodo particolarmente difficile per tutto il paese.
Gli elettori che nel 2012 diedero la loro
fiducia alle proposte programmatiche della coalizione del centro
sinistra e alle persone scelte per realizzarle lo fecero con una
duplice prospettiva: da un lato rilanciare il percorso di sviluppo
del nostro comune e dall’altro mettere in atto nuove azioni per
rispondere alle numerose e nuove esigenze dei nostri cittadini.
La condizione di
precarietà, che anche nella nostra provincia attraversa il mondo del
lavoro, è la logica conseguenza delle ricorrenti crisi aziendali che
non solo cancellano l’occupazione ma anche le identità sociali;
nei settori del pubblico impiego, della scuola, della ricerca e
dell’Università. E così aumentano le sacche del lavoro precario
e di quello a termine, e la combinazione fra riduzione degli organici
e tagli agli investimenti rischia di cancellarne i servizi o di
abbassarne la qualità.
La stessa mobilità sociale, sostanzialmente ferma, ha consolidato nel tempo una cristallizzazione delle gerarchie sociali negli averi e in quelle dei saperi. Il sistema di welfare nella nostra regione è stato impoverito e dequalificato; non ha contrastato l’insicurezza lasciando ai margini l’infanzia, le categorie più deboli e una parte della popolazione anziana. A questo vanno aggiunte le scelte in campo economico del precedente governo che hanno pesato come un macigno sulle comunità locali e sugli enti locali. I provvedimenti normativi riguardanti la fiscalità locale hanno imposto tagli progressivi alla spesa di parte corrente e inasprito il saldo obiettivo del Patto di Stabilità. Senza dimenticare poi il cambiamento deciso prima dal provvedimento del governo Berluslusconi/Tremonti e poi dal Decreto Monti, con l‟introduzione dell‟Imposta Municipale Unica e il taglio del Fondo Sperimentale di Riequilibrio. E qui va sottolineato come gli Enti Locali, diversamente da altre pubbliche amministrazioni, sono stati chiamati a dare un grande apporto al contenimento del debito tanto che oggi rappresentano il settore pubblico più efficiente e meno “sprecone”. A loro infatti si ascrive la resposabilità per meno del 4% del debito pubblico italiano dove il restante è a carico delle amministrazioni centrali. In questo contesto, il peso dei minori trasferimenti sommato al blocco dell’autonomia degli enti locali non solo a costretto molti comuni a chiedere sacrifici ai propri cittadini per mantenere inalterato il livello qualitativo dei servizi ma a obbligato molti di loro a scegliere se tagliare investimenti – per fare quadrare i bilanci – o ridurre i servizi; con la drammatica conseguenza che quelli più poveri sono stati costretti a fare l’una e l’altra scelta. In questo quadro di incertezza i cittadini chiedono al sistema pubblico di dare delle risposte caricandoli del peso di una responsabilità da affrontare con forti limitazioni sui propri strumenti di azione ridotti alle sole imposte comunali e alle tariffe sui servizi a domanda individuale. Noi siamo consapevoli della grave crisi che il Paese sta attraversando, non vogliamo sfuggire alle nostre responsabilità, né scaricarle su altri. Il nostro contatto quotidiano con i problemi reali dei cittadini, delle famiglie e delle categorie economiche ci porta ad affrontare sul campo molte delle complesse questioni che hanno spinto anche settori della nostra città in una crisi drammatica. La scelta che in quest'anno a caratterizzato l’azione economica di questa amministrazione, riproposta in questo bilancio, è stata quella di puntare sui servizi alla persona, sulla risposta ai nuovi bisogni della comunità, senza chiedere sacrifici, mettendo in atto manovre in grado di fornire risposte strutturali ai nuovi bisogni emergenti, sia in termini di spese che di investimenti. Di particolare importanza sarà quindi il peso economico che questo bilancio avrà sui redditi dei cittadini. Bilancio che come già si registra in senso positivo, prevede il mantenimento di tutte le esenzioni/riduzioni/agevolazioni previste sui servizi a domanda individuale, su quelli collettivi e sulle imposte comunali. La strada di avvicinamento a questa delibera richiede una serie di passaggi in votazione su oggetti altrettanto importanti e a torto definiti semplicemente propedeutici all'approvazione del bilancio, quali sono l'IMU e la TARES. Sull'IMU ci siamo già confrontati lo scorso anno e, fatto salvo alcune piccole modifiche migliorative, vi è la proposta condivisibile di mantenerne inalterato il dispositivo. Sulla TARES invece, in considerazione del fatto che in esso vi sono concentrate alcune questioni importanti (economica, sociale, civica, ambientale), ritengo giusto fare anche un minimo di riflessione. Senza contare poi che la stessa contiene l'incredibile imposizione della tassa nella tassa ovvero i famosi servizi indivisibili pagati un tanto al metro. E faccio questa riflessione partendo dalla mia personalissima posizione che è quella di chi pensa che questa (come lo era la tarsu) sia una tassa imposta, io non voglio fare spazzatura, è che sono semplicemente obbligato. In questo i cittadini sono parte di un meccanismo di mercato che trasforma alcune materie in oggetti spazzatura. In questa catena c’è chi ottiene profitto, e chi invece paga due volte (i cittadini pagano due volte), quando acquistano il prodotto (perchè paghiamo anche la confezione) e quando ne smaltiamo gli scarti. E sulla gestione domestica della spazzatura, narra la storia che siamo progressivamente passati dal famoso e unico sacco nero, dove ci stava dentro di tutto, a due sacchi, per poi passare a tre e poi la carta e poi il vetro e poi i giorni e poi gli orari. Il tutto senza nessun tipo di ritorno anzi, in questa gestione creativa vi è pure il rischio di prendere una multa in caso di errore. Ma questa è la differenziata ci insegnano, un comandamento civile di grande effetto, che dal punto di vista del cittadino è sintomo di valore morale e coscienza civica, ma che nasconde in se insidie economiche da non sottovalutare. E allora, regolamento a parte, dobbiamo darci un compito, un obbiettivo che preveda la rilettura di tutto l'oggetto ciclo rifiuti, a partire dal piano finanziario, fino ad arrivare alle tariffe. Una rilettura capace di coinvolgere i cittadini in un processo partecipativo non solo attraverso campagne di sensibilizzazione e informazione ma anche incentivando, attraverso la riduzione della parte variabile della tariffa, comportamenti virtuosi delle utenze domestiche singole e/o collettive che provvederanno alla raccolta differenziata mediante conferimento dei rifiuti prodotti in apposite isole ecologiche. (Attuare il conferimento differenziato tramite sistema di pesatura che permetta di ricondurre e quantificare i conferimenti delle singole utenze munite di apposito Badge). Ma la Tares non'è solo rifiuti.
La stessa mobilità sociale, sostanzialmente ferma, ha consolidato nel tempo una cristallizzazione delle gerarchie sociali negli averi e in quelle dei saperi. Il sistema di welfare nella nostra regione è stato impoverito e dequalificato; non ha contrastato l’insicurezza lasciando ai margini l’infanzia, le categorie più deboli e una parte della popolazione anziana. A questo vanno aggiunte le scelte in campo economico del precedente governo che hanno pesato come un macigno sulle comunità locali e sugli enti locali. I provvedimenti normativi riguardanti la fiscalità locale hanno imposto tagli progressivi alla spesa di parte corrente e inasprito il saldo obiettivo del Patto di Stabilità. Senza dimenticare poi il cambiamento deciso prima dal provvedimento del governo Berluslusconi/Tremonti e poi dal Decreto Monti, con l‟introduzione dell‟Imposta Municipale Unica e il taglio del Fondo Sperimentale di Riequilibrio. E qui va sottolineato come gli Enti Locali, diversamente da altre pubbliche amministrazioni, sono stati chiamati a dare un grande apporto al contenimento del debito tanto che oggi rappresentano il settore pubblico più efficiente e meno “sprecone”. A loro infatti si ascrive la resposabilità per meno del 4% del debito pubblico italiano dove il restante è a carico delle amministrazioni centrali. In questo contesto, il peso dei minori trasferimenti sommato al blocco dell’autonomia degli enti locali non solo a costretto molti comuni a chiedere sacrifici ai propri cittadini per mantenere inalterato il livello qualitativo dei servizi ma a obbligato molti di loro a scegliere se tagliare investimenti – per fare quadrare i bilanci – o ridurre i servizi; con la drammatica conseguenza che quelli più poveri sono stati costretti a fare l’una e l’altra scelta. In questo quadro di incertezza i cittadini chiedono al sistema pubblico di dare delle risposte caricandoli del peso di una responsabilità da affrontare con forti limitazioni sui propri strumenti di azione ridotti alle sole imposte comunali e alle tariffe sui servizi a domanda individuale. Noi siamo consapevoli della grave crisi che il Paese sta attraversando, non vogliamo sfuggire alle nostre responsabilità, né scaricarle su altri. Il nostro contatto quotidiano con i problemi reali dei cittadini, delle famiglie e delle categorie economiche ci porta ad affrontare sul campo molte delle complesse questioni che hanno spinto anche settori della nostra città in una crisi drammatica. La scelta che in quest'anno a caratterizzato l’azione economica di questa amministrazione, riproposta in questo bilancio, è stata quella di puntare sui servizi alla persona, sulla risposta ai nuovi bisogni della comunità, senza chiedere sacrifici, mettendo in atto manovre in grado di fornire risposte strutturali ai nuovi bisogni emergenti, sia in termini di spese che di investimenti. Di particolare importanza sarà quindi il peso economico che questo bilancio avrà sui redditi dei cittadini. Bilancio che come già si registra in senso positivo, prevede il mantenimento di tutte le esenzioni/riduzioni/agevolazioni previste sui servizi a domanda individuale, su quelli collettivi e sulle imposte comunali. La strada di avvicinamento a questa delibera richiede una serie di passaggi in votazione su oggetti altrettanto importanti e a torto definiti semplicemente propedeutici all'approvazione del bilancio, quali sono l'IMU e la TARES. Sull'IMU ci siamo già confrontati lo scorso anno e, fatto salvo alcune piccole modifiche migliorative, vi è la proposta condivisibile di mantenerne inalterato il dispositivo. Sulla TARES invece, in considerazione del fatto che in esso vi sono concentrate alcune questioni importanti (economica, sociale, civica, ambientale), ritengo giusto fare anche un minimo di riflessione. Senza contare poi che la stessa contiene l'incredibile imposizione della tassa nella tassa ovvero i famosi servizi indivisibili pagati un tanto al metro. E faccio questa riflessione partendo dalla mia personalissima posizione che è quella di chi pensa che questa (come lo era la tarsu) sia una tassa imposta, io non voglio fare spazzatura, è che sono semplicemente obbligato. In questo i cittadini sono parte di un meccanismo di mercato che trasforma alcune materie in oggetti spazzatura. In questa catena c’è chi ottiene profitto, e chi invece paga due volte (i cittadini pagano due volte), quando acquistano il prodotto (perchè paghiamo anche la confezione) e quando ne smaltiamo gli scarti. E sulla gestione domestica della spazzatura, narra la storia che siamo progressivamente passati dal famoso e unico sacco nero, dove ci stava dentro di tutto, a due sacchi, per poi passare a tre e poi la carta e poi il vetro e poi i giorni e poi gli orari. Il tutto senza nessun tipo di ritorno anzi, in questa gestione creativa vi è pure il rischio di prendere una multa in caso di errore. Ma questa è la differenziata ci insegnano, un comandamento civile di grande effetto, che dal punto di vista del cittadino è sintomo di valore morale e coscienza civica, ma che nasconde in se insidie economiche da non sottovalutare. E allora, regolamento a parte, dobbiamo darci un compito, un obbiettivo che preveda la rilettura di tutto l'oggetto ciclo rifiuti, a partire dal piano finanziario, fino ad arrivare alle tariffe. Una rilettura capace di coinvolgere i cittadini in un processo partecipativo non solo attraverso campagne di sensibilizzazione e informazione ma anche incentivando, attraverso la riduzione della parte variabile della tariffa, comportamenti virtuosi delle utenze domestiche singole e/o collettive che provvederanno alla raccolta differenziata mediante conferimento dei rifiuti prodotti in apposite isole ecologiche. (Attuare il conferimento differenziato tramite sistema di pesatura che permetta di ricondurre e quantificare i conferimenti delle singole utenze munite di apposito Badge). Ma la Tares non'è solo rifiuti.
Nella
stessa infatti è prevista una tassa nella tassa ovvero la
maggiorazione di euro 0,30 per m2 per finanziare i servizi
indivisibili. E
qui sta il grande controsenso e l'iniquità di questo balzello che
non solo è applicato a metro quadro stile vecchia tassa spazzatura
ma prevede, nel caso, le stesse modalità di riduzione applicate
sulla tassa dei rifiuti ovvero, chi gode di una riduzione pagherà
anche meno sulla gestione dei marciapiedi, illuminazione, servizi di
polizia municipale ecc. Anche in questo caso urge una rilettura della
questione e una diversa distribuzione dell'imposta in funzione della
reale fruizione dei servizi che, in alcune aree, più che
indivisibili forse sono ancora un pochino invisibili.
Rispetto
al bilancio in generale Accanto
alle politiche verso i giovani - oggi esclusi da qualsiasi accesso al
sistema di protezione sociale - e quelle per l’invecchiamento
attivo degli anziani, assume sempre più importanza il tema della
casa fondamentale per un vero processo di inclusione sociale. Un tema
molto sentito e affrontato attraverso investimenti in nuovi alloggi
di edilizia residenziale pubblica, per la ristrutturazione di quelli
già esistenti e con il consolidamento e il potenziamento del fondo
per il contrasto al grave problema degli sfratti. Alla
politica per la casa si affianca il consolidamento dei servizi per
l’infanzia e le famiglie attraverso il potenziamento dei servizi,
la tutela dei minori, lo sviluppo di progetti per adolescenti in
collaborazione con il sistema scolastico locale, nonché gli
investimenti nelle nuove strutture scolastiche e nei centri di
ricreazione estivi, tutto questo rilanciando nel contempo importanti
forme di collaborazione con il volontariato sociale. Da evidenziare
il rifinanziamento del fondo economico a sostegno delle famiglie e
soggetti in difficoltà. Il processo di coesione sociale che si
intende accrescere, con le previsioni fatte in questo bilancio, passa
anche attraverso importanti investimenti nella cultura e nello sport. Per
quanto riguarda lo sport l’azione amministrativa sarà volta a
qualificare le attività sportive per i giovani e i meno giovani
attraverso un grande rapporto di collaborazione con le società
sportive locali e questo per promuovere la pratica sportiva non solo
come la ricerca del benessere fisico ma anche come importante momento
di crescita culturale e civile della nostra comunità e questo,
sopratutto attraverso pratiche sportive aventi come obiettivo
l’inclusione sociale e il contrasto al disagio. Nonostante
i tagli statali continuerà nella nostra città una programmazione
culturale di qualità con l’organizzazione, di importanti eventi e
di una stagione teatrale di grande rilievo. Il tutto
arricchito dal nuovo e strategico ruolo che avrà nel campo della
proposta culturale l'Azienda speciale Paolo Borsa. In
tema di investimenti si punta alla messa a nuovo dei beni pubblici
con priorità alla ristrutturazione
e adeguamento alle normative delle scuole,
alla
manutenzione delle strade
e dei marciapiedi, alla manutenzione
degli alloggi comunali e
al proseguimento delle opere per l’abbattimento
delle barriere
architettoniche
negli edifici pubblici e sulle strade.
La riqualificazione e la qualità urbana, a partire dal centro
arrivando alle aree periferiche, rimangono obiettivi fondamentali
nella politica di questa Amministrazione puntando al miglioramento
funzionale degli spazi pubblici, e al recupero di grandi aree
industriali attraverso i PII. Da
segnalare investimenti sulla politica ambientale con la creazione di
nuove piste ciclabili, di
numerosi interventi di riqualificazione del verde cittadino, con
particolare riguardo ai giardini pubblici in proseguimento del
processo generale di riqualificazione nonché di nuova dotazione di
aree verdi sul territorio. Si
punta ad una Circolazione più fluida, a velocità più contenuta.
E qui va sottolineato ancora una volta l’impegno economico assunto
nell’ottica della riqualificazione del sopra tunnel di viale
Lombardia, i numerosi interventi di riqualifica viabilistica che
consentono oggi una modulazione del traffico in alcuni punti critici
della città, oltre al previsto intervento di sistemazione
viabilistica di
Largo
Mazzini. A
nessuno sfugge il difficile scenario (davvero al limite della
sostenibilità se non addirittura al rischio paralisi!) in cui si
viene a collocare, quest'anno, il documento contabile. Come
ho già avuto modo di sottolineare, con un intervento in un altro
consiglio, ritengo più che mai necessaria un azione comune da da
parte dell'assemblea dei sindaci per ottenere un significativo
allentamento dei vincoli del patto, quel patto che non solo ci
impedisce di investire fondi che abbiamo, ma anche di assolvere al
pagamento delle imprese del territorio, che sono a forte rischio
chiusura, pena lo sforamento dei parametri fissati.
Chiudo
permettendomi di sottolineare come ci sia stato, anche in questa
occasione attraverso le diverse riunioni di commissione, un
atteggiamento serio e costruttivo da parte di tutti i gruppi presenti
in consiglio Comunale, Commissioni alle quali hanno partecipato, in
maniera attiva, a turno anche gli Assessori. Il tutto nella
dialettica di posizioni diverse, in un democratico e costruttivo
confronto. Ciò che si è cercato di produrre, nei fatti, è un
documento che non sia privo di ragionevolezza e di attenzione nei
confronti dei nostri cittadini. E in una condizione economicamente
difficile come questa, chiudere un bilancio senza alzare le tasse e
garantendo servizi e agevolazioni per particolari categorie
economiche e sociali, ritengo sia davvero un grande risultato.
venerdì 12 luglio 2013
Convenzione scuole materne paritarie
Fatto
salvo le premesse in convenzione, assolutamente condivisibili, trovo
opportuno fare alcune riflessioni alla luce dell'importanza di questo
argomento e in considerazione della recente vicenda referendaria, che
lo ha visto al centro del dibattito nazionale per alcuni giorni,
cominciando proprio dal termine Paritarie e dal significato sbagliato
che spesso si da a questa parola.
La Legge n.62 del 10 marzo 2000 riconosce il sistema
nazionale di istruzione come un "unicum"" costituito
dalle scuole statali, da quelle private e dagli enti locali.
L'obiettivo dichiarato è quello di ampliare l'offerta formativa e
rispondere alla domanda del "servizio" istruzione,
dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita. Con il termine paritarie
la stessa legge definisce le
"istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti
locali, che a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli
ordinamenti generali dell'istruzione, in particolare per quanto
riguarda l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore
legale". Questo significa che alle scuole Paritarie viene quindi
riconosciuta la "parità" in termini di allineamento ai
parametri posseduti dalle scuole statali, riguardanti l'offerta
formativa e l'autorizzazione a rilasciare titoli di studio
equipollenti.
In questo contesto anche le scuole materne comunali, oggetto della discussione di oggi, sono per definizione “scuole paritarie comunali”, cosi per ribadire ancora una volta che il termine paritarie non definisce ne loro natura privatistica ne tantomeno pubblica. La legge 62 del 2000 sancisce inoltre che ciò che definisce la sfera pubblica non è la natura giuridica dei soggetti che in essa operano, ma il fine perseguito, che deve essere universalista. Una scuola cioè, aperta a tutti, che non pratica discriminazione alcuna e il carattere no profit dell'attività svolta. All'interno di questo orizzonte, è sorta fin dal secolo scorso un'alleanza strategica tra enti pubblici e soggetti della società civile organizzata, quali parrocchie e comitati di genitori. Stiamo parlando quindi di scuole che possono essere gestite da privati, da religiosi o da enti locali che hanno dimostrato di possedere tutti i requisiti richiesti dalla legge 62 e che in alcune parti sono riportati nei punti della convenzione che andremo a votare. La seconda riflessione, riguarda l'eterna questione economica e l'opportunità o meno di investire denaro pubblico per finanziare scuole private paritarie. E qui trovano spazio posizioni diverse frutto di storie e culture diverse. Ancora forte è la posizione di molti che sostengono che i poveri non devono pagare la scuola dei ricchi (dimenticandosi però che trattandosi di soldi pubblici questi provengono anche da tasse pagate dai ricchi). C'è poi chi afferma che la scuola pubblica in uno stato cosidetto laico è più libera e meno condizionabile e ancora, ciò che forse conta di più, è che a parita di offerta formativa quella pubblica è sicuramente alla portata di tutti. Di contro naturalmente ci sono le posizioni di chi difende le scuole private. Nel mezzo ci stà sicuramente l'affermazione che, mentre posso scegliere in quale scuola pubblica iscrivermi lo stesso non lo posso fare nel caso di una privata, la dove l'offerta formativa spesso determina un aumento consistente della retta. Questo ragionamento apre un fronte di discussione molto ampio, oltre che sulla libertà di scelta anche sul giudizio se è meglio il pubblico o il privato, sulle modalità di selezione dei docenti e sulla determinazione delle rette in funzione dei contributi pubblici. Argomento questo che ci riporta all'oggetto dell'ordine del giorno. Guardando in casa nostra non possiamo ignorare l'evidente mancanza di strutture pubbliche tali da poter soddisfare tutte le richieste. Ecco che allora L'opportunità di cui sopra si trasforma in necessità, caratterizzandosi in questa convenzione che, fatto salvo le premesse, prevede un considerevole impegno di spesa pubblica, a proposito del quale vi è un parere della corte dei conti che afferma che a certe condizioni dichiarate (funzioni sostitutive pubbliche, utilità pubblica, mancanza di strutture etc..) gli enti locali possano erogare anche contributi ordinari a scuole d'infanzia private. Rispetto all'oggetto nel suo impianto generale mi trovo perfettamente daccordo con chi auspica l'ampliamento e la valorizzazione delle strutture comunali operanti sul territorio. Sono belle parole che però devono confrontarsi con le disposizioni e le difficoltà economiche in cui operano molti comuni. Ritengo invece fondamentale richiamare la commissione incaricata, nello svolgimento delle funzioni di controllo, a cominciare dal rispetto delle norme elencate nella L.62, condizione prima per avere lo status di scuola paritaria. E in particolare per quanto concerne l'applicazione delle norme legate all'accesso e fruizione delle persone con disabilità nonchè la pari dignità e uguaglianza di trattamento per tutti i bambini a prescindere dalla diversità di genere.
In questo contesto anche le scuole materne comunali, oggetto della discussione di oggi, sono per definizione “scuole paritarie comunali”, cosi per ribadire ancora una volta che il termine paritarie non definisce ne loro natura privatistica ne tantomeno pubblica. La legge 62 del 2000 sancisce inoltre che ciò che definisce la sfera pubblica non è la natura giuridica dei soggetti che in essa operano, ma il fine perseguito, che deve essere universalista. Una scuola cioè, aperta a tutti, che non pratica discriminazione alcuna e il carattere no profit dell'attività svolta. All'interno di questo orizzonte, è sorta fin dal secolo scorso un'alleanza strategica tra enti pubblici e soggetti della società civile organizzata, quali parrocchie e comitati di genitori. Stiamo parlando quindi di scuole che possono essere gestite da privati, da religiosi o da enti locali che hanno dimostrato di possedere tutti i requisiti richiesti dalla legge 62 e che in alcune parti sono riportati nei punti della convenzione che andremo a votare. La seconda riflessione, riguarda l'eterna questione economica e l'opportunità o meno di investire denaro pubblico per finanziare scuole private paritarie. E qui trovano spazio posizioni diverse frutto di storie e culture diverse. Ancora forte è la posizione di molti che sostengono che i poveri non devono pagare la scuola dei ricchi (dimenticandosi però che trattandosi di soldi pubblici questi provengono anche da tasse pagate dai ricchi). C'è poi chi afferma che la scuola pubblica in uno stato cosidetto laico è più libera e meno condizionabile e ancora, ciò che forse conta di più, è che a parita di offerta formativa quella pubblica è sicuramente alla portata di tutti. Di contro naturalmente ci sono le posizioni di chi difende le scuole private. Nel mezzo ci stà sicuramente l'affermazione che, mentre posso scegliere in quale scuola pubblica iscrivermi lo stesso non lo posso fare nel caso di una privata, la dove l'offerta formativa spesso determina un aumento consistente della retta. Questo ragionamento apre un fronte di discussione molto ampio, oltre che sulla libertà di scelta anche sul giudizio se è meglio il pubblico o il privato, sulle modalità di selezione dei docenti e sulla determinazione delle rette in funzione dei contributi pubblici. Argomento questo che ci riporta all'oggetto dell'ordine del giorno. Guardando in casa nostra non possiamo ignorare l'evidente mancanza di strutture pubbliche tali da poter soddisfare tutte le richieste. Ecco che allora L'opportunità di cui sopra si trasforma in necessità, caratterizzandosi in questa convenzione che, fatto salvo le premesse, prevede un considerevole impegno di spesa pubblica, a proposito del quale vi è un parere della corte dei conti che afferma che a certe condizioni dichiarate (funzioni sostitutive pubbliche, utilità pubblica, mancanza di strutture etc..) gli enti locali possano erogare anche contributi ordinari a scuole d'infanzia private. Rispetto all'oggetto nel suo impianto generale mi trovo perfettamente daccordo con chi auspica l'ampliamento e la valorizzazione delle strutture comunali operanti sul territorio. Sono belle parole che però devono confrontarsi con le disposizioni e le difficoltà economiche in cui operano molti comuni. Ritengo invece fondamentale richiamare la commissione incaricata, nello svolgimento delle funzioni di controllo, a cominciare dal rispetto delle norme elencate nella L.62, condizione prima per avere lo status di scuola paritaria. E in particolare per quanto concerne l'applicazione delle norme legate all'accesso e fruizione delle persone con disabilità nonchè la pari dignità e uguaglianza di trattamento per tutti i bambini a prescindere dalla diversità di genere.
giovedì 27 giugno 2013
A Differet Job (responsabilità sociale d’impresa)
Il 17,
19 e 20 giugno scorso si è tenuta a Monza presso il Centro Diurno
Stella Polare di Via Montecassino 8, la terza edizione
dell’iniziativa
di volontariato aziendale “A
Different Job”, promossa da PricewaterhouseCoopers
a
favore di Consorzio Farsi Prossimo nell’ambito delle sue attività
di responsabilità
sociale d’impresa.
Con
questa iniziativa PwC, una delle big
four
delle società di revisione e consulenza con oltre 3.000 dipendenti
in Italia, rinnova
il suo impegno ad essere al fianco di Consorzio Farsi Prossimo,
e lo fa ancora una volta in modo “differente”, offrendo la
possibilità a ognuno dei suoi collaboratori della sede lombarda di
rendersi utile per un’intera giornata al servizio di un progetto
sociale. L’obiettivo del
Different Job è da un lato quello di realizzare degli interventi di
manutenzione straordinaria nella struttura che di volta in volta
ospita i volontari, dall’altro quello di favorire l’incontro e la
condivisione
di esperienze
tra persone che abitualmente vivono realtà distanti.
Quest’anno, i volontari si sono dedicati alla manutenzione
straordinaria del Centro
Diurno Stella Polare, gestito dalla Cooperativa Novo Millennio. Il principale obiettivo
dei volontari
era la messa in ordine del giardino e la sistemazione degli spazi
esterni, in linea con l’attenzione all’ambiente condivisa con
PwC. Si sono occupati quindi della manutenzione dell’edificio con verniciatura del muro esterno, del
riordino del magazzino e del giardino. Un gruppo ha anche partecipato ai laboratori insieme
agli utenti del Centro (teatro, danza, ginnastica...). Di questo intervento ne hanno
beneficiato anche gli spazi esterni del Centro Diurno Disabili
della Cooperativa Lambro, che condividono insieme a Stella Polare
l’ampio giardino.
Nel 2013 hanno scelto volontariamente di aderire al
Different Job 470
collaboratori della sede lombarda
(il 30% sui 1.600), che si sommano agli oltre 200 partecipanti
dell’edizione di maggio a Roma.
Questo progetto permette il compiersi di una esperienza umana straordinaria, che attraverso il lavoro fatto insieme assicura la realizzazione di opere importanti per il benessere sia degli utenti dei centri sia dei lavoratori che le realizzano. Si incontrano realtà diverse e si conoscono, si scambiano e si condividono esperienze e ciò è fondamentale per la disabilità in genere, che con lo stigma sociale devono fare i conti giornalmente.
In un momento storico così difficile la solidarietà fra cittadini e lavoratori che vivono realtà diverse può essere una risorsa fondamentale non solo per trovare risposte alla crisi economica imperante ma anche per dare un senso “altro” più civile e di partecipazione a questa realtà così difficile.
Per questo speriamo che questa iniziativa sia di esempio per altre realtà che vogliano cimentarsi in tale fantastica avventura.
Questo progetto permette il compiersi di una esperienza umana straordinaria, che attraverso il lavoro fatto insieme assicura la realizzazione di opere importanti per il benessere sia degli utenti dei centri sia dei lavoratori che le realizzano. Si incontrano realtà diverse e si conoscono, si scambiano e si condividono esperienze e ciò è fondamentale per la disabilità in genere, che con lo stigma sociale devono fare i conti giornalmente.
In un momento storico così difficile la solidarietà fra cittadini e lavoratori che vivono realtà diverse può essere una risorsa fondamentale non solo per trovare risposte alla crisi economica imperante ma anche per dare un senso “altro” più civile e di partecipazione a questa realtà così difficile.
Per questo speriamo che questa iniziativa sia di esempio per altre realtà che vogliano cimentarsi in tale fantastica avventura.
mercoledì 26 giugno 2013
Talete i Tuareg e l'Acqua
Devo
dire che ho fatto abbastanza fatica a seguire gli interventi dei
tecnici che hanno aperto la discussione su questo oggetto e non per
una cattiva esposizione degli stessi ma, in virtù dello stato
d'animo con il quale mi sono avvicinato all'argomento che, trattando
di Acqua, pareva dover essere di estrema semplicità là, dove un
referendum popolare ne aveva sancito la natura e la sua ragion
d'essere. E in luogo della sua presunta semplicità ci siamo
imbattuti in una realtà fatta di diversi soggetti, leggi, diritti,
articolazioni tecniche, economiche, interpretative, in una complessa
disputa, la cui ragione sfugge a molti cittadini, che oggi attendono
di sentire parole semplici e chiare, com'è semplice e chiaro
l'oggetto in discussione e come lo deve essere il suo futuro.
Nel territorio dell'uomo, l'acqua è parte fondamentale ed indispensabile per tutte le forme di vita e per la terra stessa e questo, in un rapporto materiale mai semplice e a volte anche complesso.
Le pratiche per garantirsi questo elemento sono diverse e variano a seconda del territorio, sopratutto in quegli ambienti segnati da una profonda aridità, dove l'acqua diventa la vera fonte di sopravvivenza.
"Aman Iman", ovvero "l'acqua è vita": così dicono i Tuareg, gelosi custodi delle secolari tradizioni del deserto del Sahara, che da sempre vivono il loro rapporto con l'acqua con la consapevolezza della sua intima relazione con la vita. Diversi sono i metodi che hanno sviluppato per procurasela e che variano da luogo a luogo e da stagione a stagione. Il tutto legato alla pioggia e alla sua generosa abbondanza. Pozzanghere, stagni e pozzi permanenti formano la loro naturale rete di distribuzione, in una logica di gestione semplice e di utilizzo collettivo.
Certo, luogo e situazioni particolari in un territorio dove il rapporto tra l'acqua e la vita assume forme che esaltano il suo essere elemento naturale come essenza della vita. Altra storia invece quella delle società nascenti, che hanno ritenuto come uno dei compiti fondamentali per il proprio sviluppo, quello del controllo e gestione dell'acqua. E qui la storia ci racconta l'evoluzione tecnica e sociale legata a questo prezioso elemento, che passa attraverso le diverse tecniche di raccolta, di conservazione e di utilizzo, mediante diversi e innovativi sistemi collettivi di distribuzione. Tutto questo senza dimenticare i costi, e spesse volte anche i dissesti, che un sistema idrico funzionante produce.
Arriviamo quindi al rubinetto di casa, quel piccolo accessorio che se da un lato ci permette comodamente di avere l'acqua potabile sempre e comunque a disposizione tutti i giorni dell’anno, dall'altro ci fa spesso dimenticare che c'è un bel pezzo di umanità che ogni giorno deve fare i conti con la scarsità e la non potabilità dell'acqua. Senza contare poi la trascurata necessità di dover ragionare sul meccanismo sociale ed economico che stà dietro al fenomeno della distribuzione/gestione. Che è ciò di cui ci stiamo occupando oggi.
L’acqua costituisce un bene comune dell’umanità, un bene irrinunciabile che appartiene a tutti. Il diritto all’acqua è un diritto inalienabile: dunque l’acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì bene condiviso equamente da tutti.
Uso queste parole per avviarmi alla conclusione dell'intervento e alla focalizzazione dell'obbiettivo che, per quanto mi riguarda, non può e non deve esaurirsi nella sola realistica necessità di avere un unico soggetto societario agente, (Soggetto che come illustrato dal S.G. e dai saggi, agisca in un complesso rapporto di amministrazione indiretta, pur conservandone la natura distinta e autonoma) e neppure nella scelta del nome da dare al contenitore che nascerà dalla fusione a freddo di alcune società attraverso le retrocessioni, la dove la questione è ancora legata a chi si fonde in chi.
Il tutto in una selva di distinguo e di interpretazioni giuridiche, motivo questo che ci costringe ancora oggi a parlare di esercizio provvisorio. Parole lontane dalla semplicità dell'oggetto e da quello che molti vorrebbero sentire.
E allora, a prescindere dalla natura e dalla ragione sociale del nuovo soggetto, ci corre l'obbligo di imporre qui l'assunzione di precisi impegni, in coerenza con i principi referendari volti a; garantire la tutela della risorsa attraverso il divieto di alienazione; il diritto e l’accesso all’acqua per tutti con politiche di distribuzione a prezzi contenuti; investimenti per implementazione e miglioramento del servizio, la sua conservazione per le generazioni future nonchè un impegno istituzionale di controllo e verifica attraverso una presenza di vigilanza attiva. Il nostro contributo personale non può e non deve esurirsi oggi, in quest'aula, con la fine della discussione. Sono i comportamenti individuali che concorrono al buon fine di un progetto. L'uso quotidiano dell'acqua definisce uno stile di vita per ciascuno di noi che, quanto meno risulta indifferente tantò più corrisponde ad una scelta etica e responsabile, rispetto all'uso che si fà di un bene così prezioso.
E
allora vediamolo questo oggetto
L’acqua
è ritenuta elemento chiave del cosmo e della vita fin dalle origini
del pensiero greco. Talete, uno dei primi filosofi, ritiene l’acqua
l’arché,
cioè il principio ordinatore del mondo. L’acqua consente la vita
in tutte le sue forma (vegetale, animale, umana); i semi per
schiudersi hanno bisogno dell’umidità; gli embrioni vengono
concepiti e crescono nell’acqua; noi siamo fatti in gran parte di
liquidi.
In
Eraclito si legge "dalla terra nasce l'acqua, dall'acqua nasce
l'anima…" E l'origine acquatica della vita è stata da sempre
riconosciuta da tutte le culture che hanno popolato la terra. Nel territorio dell'uomo, l'acqua è parte fondamentale ed indispensabile per tutte le forme di vita e per la terra stessa e questo, in un rapporto materiale mai semplice e a volte anche complesso.
Le pratiche per garantirsi questo elemento sono diverse e variano a seconda del territorio, sopratutto in quegli ambienti segnati da una profonda aridità, dove l'acqua diventa la vera fonte di sopravvivenza.
"Aman Iman", ovvero "l'acqua è vita": così dicono i Tuareg, gelosi custodi delle secolari tradizioni del deserto del Sahara, che da sempre vivono il loro rapporto con l'acqua con la consapevolezza della sua intima relazione con la vita. Diversi sono i metodi che hanno sviluppato per procurasela e che variano da luogo a luogo e da stagione a stagione. Il tutto legato alla pioggia e alla sua generosa abbondanza. Pozzanghere, stagni e pozzi permanenti formano la loro naturale rete di distribuzione, in una logica di gestione semplice e di utilizzo collettivo.
Certo, luogo e situazioni particolari in un territorio dove il rapporto tra l'acqua e la vita assume forme che esaltano il suo essere elemento naturale come essenza della vita. Altra storia invece quella delle società nascenti, che hanno ritenuto come uno dei compiti fondamentali per il proprio sviluppo, quello del controllo e gestione dell'acqua. E qui la storia ci racconta l'evoluzione tecnica e sociale legata a questo prezioso elemento, che passa attraverso le diverse tecniche di raccolta, di conservazione e di utilizzo, mediante diversi e innovativi sistemi collettivi di distribuzione. Tutto questo senza dimenticare i costi, e spesse volte anche i dissesti, che un sistema idrico funzionante produce.
Arriviamo quindi al rubinetto di casa, quel piccolo accessorio che se da un lato ci permette comodamente di avere l'acqua potabile sempre e comunque a disposizione tutti i giorni dell’anno, dall'altro ci fa spesso dimenticare che c'è un bel pezzo di umanità che ogni giorno deve fare i conti con la scarsità e la non potabilità dell'acqua. Senza contare poi la trascurata necessità di dover ragionare sul meccanismo sociale ed economico che stà dietro al fenomeno della distribuzione/gestione. Che è ciò di cui ci stiamo occupando oggi.
L’acqua costituisce un bene comune dell’umanità, un bene irrinunciabile che appartiene a tutti. Il diritto all’acqua è un diritto inalienabile: dunque l’acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì bene condiviso equamente da tutti.
Uso queste parole per avviarmi alla conclusione dell'intervento e alla focalizzazione dell'obbiettivo che, per quanto mi riguarda, non può e non deve esaurirsi nella sola realistica necessità di avere un unico soggetto societario agente, (Soggetto che come illustrato dal S.G. e dai saggi, agisca in un complesso rapporto di amministrazione indiretta, pur conservandone la natura distinta e autonoma) e neppure nella scelta del nome da dare al contenitore che nascerà dalla fusione a freddo di alcune società attraverso le retrocessioni, la dove la questione è ancora legata a chi si fonde in chi.
Il tutto in una selva di distinguo e di interpretazioni giuridiche, motivo questo che ci costringe ancora oggi a parlare di esercizio provvisorio. Parole lontane dalla semplicità dell'oggetto e da quello che molti vorrebbero sentire.
E allora, a prescindere dalla natura e dalla ragione sociale del nuovo soggetto, ci corre l'obbligo di imporre qui l'assunzione di precisi impegni, in coerenza con i principi referendari volti a; garantire la tutela della risorsa attraverso il divieto di alienazione; il diritto e l’accesso all’acqua per tutti con politiche di distribuzione a prezzi contenuti; investimenti per implementazione e miglioramento del servizio, la sua conservazione per le generazioni future nonchè un impegno istituzionale di controllo e verifica attraverso una presenza di vigilanza attiva. Il nostro contributo personale non può e non deve esurirsi oggi, in quest'aula, con la fine della discussione. Sono i comportamenti individuali che concorrono al buon fine di un progetto. L'uso quotidiano dell'acqua definisce uno stile di vita per ciascuno di noi che, quanto meno risulta indifferente tantò più corrisponde ad una scelta etica e responsabile, rispetto all'uso che si fà di un bene così prezioso.
E
in questo credo abbiamo molto da imparare dai Tuareg.
venerdì 14 giugno 2013
Violenza contro le donne ( Femminicidio)
Prima
di entrare nel merito della mozione, vorrei esprimere una riflessione
che potrebbe anche non trovare consenso in quest'aula.
L’umanità
nei suoi contesti istituzionali internazionali, ha avuto bisogno più
volte di ribadire i diritti del suo elemento unico e fondante:
l’uomo. Dal punto di vista giuridico-legale queste irrinunciabili
sottolineature si sono concretizzate a livello di organismi di
portata mondiale: l’ONU ad esempio.
Nel
dicembre 1948, viene scritta la Convenzione Onu sui diritti
dell’uomo, immediatamente dopo un periodo storico ricco di eventi
di estrema drammaticità come la nascita del nazismo e del fascismo,
l’ascesa di altre dittature ed infine lo scoppio della seconda
guerra mondiale.Ma dichiarare (o proclamare) i diritti dell’uomo non è stato sufficiente, perché nel corso dei decenni successivi si è presentata la necessità di ribadire, puntualizzare, specificare alcuni contenuti che, benché intrensicamente presenti nella prima convenzione, venivano o ignorati o sottovalutati. E allora una convenzione contro la discriminazione razziale, contro la discriminazione nei confronti della donna, contro la tortura, a favore dei diritti dei fanciulli, a favore dei lavoratori migranti e delle loro famiglie, a favore dei diritti delle persone con disabilità e oggi contro ogni forma di violenza sulle donne.
Questi ulteriori, e comunque importanti, specifiche convenzioni trattano di aspetti che fanno parte, e una parte fondante, dell’essere umano, perché le persone di tutte le etnie e culture sono uomini, perché le donne sono umanità, perché i bambini sono futuri uomini, perché i lavoratori e le persone che dipendono dal frutto del lavoro sono uomini, perché le persone disabili sono uomini. Ma allora perché il bisogno di altre convenzioni? Perché agli stati progrediti, democratici, tecnologicamente avanzati, va ribadito il concetto del “diritto dell’uomo”?
Si è creata la necessità, frutto di una drammatica esplosione del fenomeno violenza nelle sue molteplici declinazioni, di ratificare una convenzione contro la violenza sulle donne (e qui ci tengo a precisare che, a prescindere dalla locuzione donna, il dramma violenza sfonda i confini dell'età coinvolgendo purtroppo anche la fascia dei più piccoli) perchè si cominciasse a persarle come persone con prospettive di vita e di realizzazione personale e sociale pari a tutti gli altri. Ma siamo proprio sicuri che questo è un segno di civiltà o piuttosto una segno di sconfitta? La dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro le donne del 1993 nell'art.1, descrive la violenza contro le donne come «Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata» La violenza contro le donne è una violenza di genere riconosciuta oggi dalla comunità internazionale come una violazione fondamentale dei diritti umani che trova una pretesa giustificazione nella distorsione culturale della relazione affettiva tra uomo e donna, nella asimmetria di potere che un genere esercita sull’altro.
Tornando all'oggi su questo dramma sociale del xx.mo secolo i dati si sprecano e ci raccontano tutta la dimensione di questo triste fenomeno. Le analisi degli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza contro le donne è diffusa nei paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo, la dove le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali o culturali dimostrando in maniera allarmante l'esplosione del fenomeno in tutte le sue forme, declinazioni e contesti sociali.
Insieme alla necessità e urgenza di potenziare tutte le strutture e le forme di assistenza a supporto delle donne maltrattate,(centri di ascolto e di assistenza, alloggi protetti, migliorare le sinergie fra apparati di controllo e repressione e altro ancora) ritengo fondamentale avviare un grande processo di riforma culturale attraverso campagne di prevenzione, sensibilizzazione e di educazione adottando tutte “le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini”.
Questo significa bonificare ogni forma di atteggiamento che mette a rischio “la concreta parità tra i sessi, rafforzando così l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne” dove ogni essere umano dovrà fare la sua parte, in tutti contesti istituzionali e non, nei luoghi di lavoro e divertimento, denunciando e isolando ogni forma di prevaricazione fisica e psichica. E qui anche le amministrazioni comunali sono chiamate a fare la loro parte.
Da qui parte la possibile strada che non solo porta le donne a sentirsi meno sole, in grado di superare la paura e divenire consapevoli che sconfiggere e sopravvivere alla violenza è possibile, ma anche quella che porta a consideraci un paese e un popolo più civile.
grazie
martedì 11 giugno 2013
La faccia di strada del PD
Fatte tutte le legittime considerazione sull'astensionismo elettorale, non possiamo non riconoscere che in questo successo del csx c'è tutta la faccia buona del PD, quella di strada, dei molti volontari che vivono i luoghi del confronto, che sono poi quelli della disperazione di oggi. E mentre la politica di salotto, quella lontana e ciarliera, ingombra il video con passaggi autocelebrativi e festaioli qui non si festeggia niente. Perchè non c'è niente da festeggiare.
Il loro utilizzo e la loro ragione culturale è il fare della politica. E come se vi fossero due piani di azione, diversi ma assolutamente dipendenti uno dall'altro.
La politica nasce come arte della convivenza e attività fra esseri umani, per garantire l’affermazione dei diritti attraverso la conoscenza del territorio. Come strumento di relazione interpersonale e come disposizione ad agire per ripristinarla ogni volta che la violenza e l’intolleranza l’abbiano rotta.
La politica deve impegnarsi soprattutto nell’opera di restituzione dei cittadini alla città.
Ridare i cittadini alla città significa garantire a tutte le persone, la possibilità di vivere e godere pienamente dei beni e dei servizi creati poiché il riconoscimento alla vita sociale come un diritto per tutti, esalta il significato di appartenenza e di partecipazione attiva e democratica alla vita della comunità.
La macchina amministrativa poggia le sue fondamenta sul bilancio economico
Anche la politica ha il suo bilancio ma, in questo caso, parliamo di bilancio sociale.
Tre sono le parole chiave che fanno da cornice al bilancio sociale e che formano gli ingredienti della nostra visione di città futura e sono Aperta, Accessibile, Integrata.
Ecco che allora il bilancio sociale fatto di molti significati, strumenti e dati, dove una diversa concezione della comunità porterà a considerare i cittadini non come degli interessi ma soprattutto come delle persone, pone finalmente l’uomo al centro dell’attenzione rispetto al territorio. A tutti noi, nel tempo, è data la possibilità di valutarne gli effetti, in termini di ricaduta sulla città e di miglioramento della qualità della vita.
Se fossimo in una conferenza tra architetti a questo punto potremmo sentir parlare di Progettazione Universale.
Progettare o riqualificare la città con tutti i suoi servizi a misura degli anziani, dei disabili e dei bambini significa renderle fruibili a tutti in applicazione del concetto fondamentale di progettazione universale che considera a priori tutte le categorie d’utilizzatori.
Ecco che allora prende forma la nostra città del futuro. La città Universale
Le
elezioni consegnano simbolicamente la città nelle mani di una nuova
amministrazione, alla quale spetta il compito di amministrarne il
patrimonio umano, economico, sociale, artistico e culturale. Per
questo, chi amministra, riceve uno stipendio. Amministrare bene
quindi è un atto dovuto nei confronti dei cittadini che pagando le
tasse generano lo stipendio degli amministratori Al termine del
mandato la città verrà restituita ai suoi cittadini.
Fare
politica è un’altra cosa, i servizi, i marciapiedi, le strade, i
giardini, ecc ecc sono atti dovutiIl loro utilizzo e la loro ragione culturale è il fare della politica. E come se vi fossero due piani di azione, diversi ma assolutamente dipendenti uno dall'altro.
La politica nasce come arte della convivenza e attività fra esseri umani, per garantire l’affermazione dei diritti attraverso la conoscenza del territorio. Come strumento di relazione interpersonale e come disposizione ad agire per ripristinarla ogni volta che la violenza e l’intolleranza l’abbiano rotta.
La politica deve impegnarsi soprattutto nell’opera di restituzione dei cittadini alla città.
Ridare i cittadini alla città significa garantire a tutte le persone, la possibilità di vivere e godere pienamente dei beni e dei servizi creati poiché il riconoscimento alla vita sociale come un diritto per tutti, esalta il significato di appartenenza e di partecipazione attiva e democratica alla vita della comunità.
La macchina amministrativa poggia le sue fondamenta sul bilancio economico
Anche la politica ha il suo bilancio ma, in questo caso, parliamo di bilancio sociale.
Tre sono le parole chiave che fanno da cornice al bilancio sociale e che formano gli ingredienti della nostra visione di città futura e sono Aperta, Accessibile, Integrata.
Ecco che allora il bilancio sociale fatto di molti significati, strumenti e dati, dove una diversa concezione della comunità porterà a considerare i cittadini non come degli interessi ma soprattutto come delle persone, pone finalmente l’uomo al centro dell’attenzione rispetto al territorio. A tutti noi, nel tempo, è data la possibilità di valutarne gli effetti, in termini di ricaduta sulla città e di miglioramento della qualità della vita.
Se fossimo in una conferenza tra architetti a questo punto potremmo sentir parlare di Progettazione Universale.
Progettare o riqualificare la città con tutti i suoi servizi a misura degli anziani, dei disabili e dei bambini significa renderle fruibili a tutti in applicazione del concetto fondamentale di progettazione universale che considera a priori tutte le categorie d’utilizzatori.
Ecco che allora prende forma la nostra città del futuro. La città Universale
mercoledì 5 giugno 2013
Contratto Cantalupo 3 ( le periferie)
Come
ho più volte sottolineato, rispetto al progetto nel suo insieme, non
entrerò nel merito della questione dal punto di vista tecnico ma
proverò a fare una riflessione sulle diverse declinazioni, che hanno
trovato spazio nel dibattito e che ne hanno accompagnato l'iter fino
ad oggi.
E
lo faccio tentando una riflessione sul significato, più volte
espresso in quest'aula, di periferia con tutte le accezzioni che ne
hanno fatto da sfondo.
In
uno dei miei recenti interventi ho già avuto modo di esprimermi
sulla necessita di rivedere la definizione di periferia, almeno nella
sua declinazione di spazio urbano e sociale particolare, per provare
ad intenderla come una parte non ancora finita della città, quella
città che come amministratori abbiamo pensato e costruito in questi
anni. Una città dalla quale cogliere non solo gli aspetti negativi,
più e più volte richiamati sopratutto in relazione al quartiere di
Cederna, ma anche i molti aspetti positivi che ne costituiscono il
senso profondo, che è poi l'essenza della sua funzione. Funzione ben
descritta da Aristotele quando dice che gli uomini hanno fondato la
città per vivere meglio insieme.
Dico
questo perchè in quest'aula è esploso forte il concetto di
periferia nella sua accezzione di indicatore spaziale di un disagio
fatto di distanza dal centro, carenza di servizi e infrastrutture,
ritardo nell’integrazione, tensione sociale, senso di
emarginazione. Un luogo, insomma, dal quale fuggire appena possibile.
Ci tengo a ribadire che in questo nuovo/vecchio contratto di
quartiere ci sono molte delle risposte a questi disagi. Detto questo ritengo anche legittima l'osservazione, di alcuni dei colleghi, su come poter continuare a lavorare sull'housing sociale e su come dare risposte a nuove richieste di spazi abitativi, cercando al tempo stesso di rideclinare il concetto di città modificando di conseguenza quello di periferia, per non andare ad aggravare la situazione già esistente in termini di consumo suolo e agglomerato urbano.
In questo contesto, il nostro sindaco con la delega alle politiche abitative, data all'Assessorato ai servizi alla persona, ha dimostrato di tenere in grande considerazione la questione del welfare abitativo. Una segnale forte di cambio di passo della nuova giunta. Oggi, risolvere la questione della casa, non è però facile. Trovati i fondi, che non ci sono oppure sono pochissimi, l’amministratore non ha in se molte opzioni; o continua a ‘costruire la periferia’, proponendo la realizzazione di programmi di edilizia assistita in aree sempre più suburbane o comincia a pensare di poter ‘lavorare nell’esistente’ con politiche diversificate come; finanziare affitti controllati nell’edilizia commerciale urbana, collegarsi ai programmi di microcredito, operare nel campo del restauro e del riuso cercando ove possibile occasioni per la densificazione dei tessuti urbani. E qui mi è doveroso fare un collegamento ai 21 ambiti di riqualifica (Piani integrati di intervento) presentati dall'Ass. Colombo, la dove è spressa chiaramente la volonta di intervenire anche con progetti di edilizia residenziale convenzionata. Questo significa contaminare la città con il concetto di periferia ricercandolo nei mille luoghi, e nelle mille forme e possibilità che si presentano. Parimenti alla condivisione di questo progetto è necessario quindi sostenere la realizzazione di opere che allarghino i confini dell'area che oggi viene definita centro, attraverso la riqualifica o progettazione di collegamenti rivolti verso il centro stesso. (cavalcavia, passaggi a livello, sottopassi, collegamenti ciclopedonali) In questo periodo abbiamo concentrato gli sforzi sul ricollegamento del quartiere S.Fruttuoso alla città, avviato una progettazione per migliorare e mettere in sicurezza i collegamenti con S.Albino, per non dimenticarci poi di S.Rocco che da tempo chiede l'apertura del collegamento Gentile-Borgazzi. Dobbiamo sforzarci nel pensare a ridisegnare virtualmente i confini della città, rinunciando alla periferia come modello di città a favore della città come modello di periferia e di società.
martedì 28 maggio 2013
Nuovo Contratto Quartiere Cantalupo
Ritengo
importante, al di là delle considerazione di carattere strettamente
patrimoniale e Urbanistico, esposte dal freddo dall'intervento degli
esperti, dare un anima all'oggetto, tendandoci con una riflessione di
tipo strettamente sociale.
Come
già esposto in altri interventi che mi hanno preceduto, i contratti
di quartiere nascono con lo scopo di realizzare o ristrutturare
alloggi di edilizia residenziale pubblica o di edilizia agevolata e
convenzionata, da destinare alla locazione a canoni concordati.
Ricordo a tutti che Monza oggi ha una lista di richieste di alloggi
popolari che conta circa 720 domande.E qui ci tengo a ribadire che il “diritto alla casa” è uno dei punti cardine del nostro programma. Abbiamo tutti la consapevolezza che il problema casa include ormai migliaia di famiglie e nuovi soggetti quali, giovani, studenti, immigrati, sfrattati e genitori separati, che hanno il diritto di vivere in un alloggio adeguato e in un ambiente di qualità e, in questo, i contratti di quartiere ne rappresentano un possibile strumento di intervento. Nascono sopratutto per promuovere la riqualificazione di aree cittadine che presentano elementi di criticità ambientale e sociale, mettendo insieme risorse pubbliche e private. Sono finalizzati ad incrementare la dotazione infrastrutturale dei quartieri periferici dei comuni a più forte disagio abitativo, per favorire l’integrazione sociale e l’adeguamento della offerta abitativa attraverso la sperimentazione di nuove modalità di riqualificazione edilizia. Comprendono anche interventi per la realizzazione o il recupero di parchi, luoghi di aggregazione, centri anziani, scuole e impianti sportivi. Senza dimenticare che, in alcuni casi e previsto anche il recupero delle aree dismesse.
Tutto questo in linea con i famosi 3 assi di intervento, tra l'altro gia presenti nella prima proposta di C.d.Q della precedente giunta, ripresentati velocemente in occasione della discussione della delibera di variante urbanistica, in un precedente Consiglio, per essere poi ampiamente illustrati, dalle esposizioni degli assessori interessati da questa proposta di nuova soluzione di Contratto Quartiere Cantalupo. Si tratta di interventiche riguardano edilizia residenziale pubblica, servizi sociali, verde e servizi, sicurezza, incontri a tema, centro Polifunzionale,ecc). Da sottolineare la forte incidenza degli interventi di natura strettamente sociale, ricalibrati naturalmente alla disponibilità di cassa che è stata fortemente penalizzata da una serie di azioni che fan parte di un'altra storia.
E qui vorrei ricordare come in quest'aula c'è stata un importante discussione proprio a riguardo del quartiere Cederna, con interventi da parte di alcuni consiglieri che si sono dichiarati in prima linea per l'attenzione e la difesa dei quartieri a rischio disagio e fortemente a sostegno di ogni iniziativa tendente a bonificare tutte le forme di emarginazione. Interventi che si chiudevano con una raccomandazione al sindaco, quasi una supplica, ad avviare iniziative di carattere sociale a di contrasto di questi fenomeni.
E in questo contratto sono infatti previsti una serie di interventi che abbracciano tutte le criticità più volte evidenziate e che coinvolgono tutta la popolazione del quartiere; dai Bambini, agli Anziani, dalle famiglie e al ruolo dei genitori, alle situazioni di isolamento e disagio sociale, rappresentate da anziani soli e prigionieri delle difficoltà di mobilità, che pregiudicano il loro coinvolgimento nella vita del quartiere. Di particolare rilievo sono gli interventi previsti nell'asse 3 in tema di sicurezza e di contrasto al bullismo, con una serie di incontri sulla legalità e sicurezza stradale.
Una buona risposta ai condivisibili e accalorati interventi che oggi contrastano però con il voto contrario espresso da alcuni consiglieri già in occasione del primo confronto in aula, di natura urbanistica, voto poi confermato anche in sede di parere di commissione. Confronto che si ripropone questa sera che ci porterà al voto su questo nuovo progetto nella sua dimensione e completa natura.
In un intervento ho sentito affermare che in questo progetto non c'è nulla da inventare, è vero e io aggiungo anche che c'e qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi di antico perchè in questo progetto, dal punto di vista sociale, c'è forse un ritorno al passato la, dove più che da altre parti, si è notata l'assenza dei servizi sociali di prossimità, della presenza nel quartiere di un riferimento capace di rispondere alle diverse necessità e urgenze che ne caratterizzano il tessuto urbano.
In questo contratto vi è la riproposizione di un modello che aveva come principale caratteristica quella di essere il punto di riferimento dei servizio sociale nella Circoscrizione e naturalmente del quartiere, e che è stato sostituito dalla creazione di macro aree cittadine. Una presenza che sarà implementata con delle nuove figure professionali e che potrà fare da modello sperimentale per una possibile esportazione in altri quartieri.
Immagino che anche il voto di oggi, di qualche collega consigliere, verrà condizionato dalla necessità di immagine, ostaggio del marketing politico da campagna elettorale perenne e che, anche in questo caso, non mancherà di ricordarci del nostro impegno preso in campagna elettorale riguardo al consumo di suolo 0 e alla salvaguardia delle aree agricole, cavalcando strategicamente l'importante e meritevole impegno civico di molti dei nostri cittadini. Questo passaggio mi da l'occasione per sottolineare ancora una volta che per noi il territorio è un bene comune che se tutelato, curato e messo in valore, può aprire inesplorate possibilità per lo sviluppo della nostra città, oltre che migliorare la qualità dell’ambiente di vita dei cittadini e in questo, non accettiamo lezioni da nessuno.
Per quanto espresso fin qui vorrei infine invitare l'aula ad un esercizio di riflessione, senza impegno naturalmente, sull'aspetto del socialmente utile di questo contratto in alternativa al regolarmente imposto e che ci invita, in alcuni casi, a pensare ad una città capace di generare modernità e senso e che per questo può svilupparsi anche attraverso una visione adattiva e non regolativa e basta, una città capace di “corrompersi” alla luce delle dinamiche e delle opportunità che cambiano. E questo contratto di quartiere è una di queste opportunità.
venerdì 24 maggio 2013
PD or not PD
Ora non possiamo più nasconderci, vogliono farci credere che i nostri ministri non sono al corrente della presentazione delle ultime proposte di legge o emendamenti ad personam. Vogliono farci credere che il parlamento vassallo ha fatto tutto questo all’insaputa del governo. Questo parlamento, espressione evidente della teoria assolutistica di Hobbes secondo cui l’unità della volontà politica coincide con l’unicità fisica della persona che governa poiché gli individui si riuniscono in una comunità politica solamente nel momento in cui rinunciano a gran parte dei loro diritti naturali a favore del sovrano, avrebbe fatto tutto da solo?????. Ma per piacere.
E noi? L’impressione è quella di un partito costantemente fuori onda. Mai sul pezzo, con le vecchie avanguardie paragonabili ad antichi messaggeri inviati dalle aristocrazie nel campo nemico per trattare un accordo in luogo dello scontro. Nel frattempo “il resto” cerca di sopravvivere perso in una“disputatio” dove non mancano mai i soliti vecchi e noiosissimi Magister e dove l’unica cosa che pare ritrovarsi è la volontà di mantenere, da parte di molti dei prescelti (nel senso di non eletti) una identità politica ad uso e consumo personale.
E così in onda ci và sempre il presidente bonsai circondato dai suoi vassalli, perché lui un profilo ce l’ha. Il Profilobenito. E chi va via (dissente) perde il posto all’osteria, salvo poi lamentarsi se il disagio e il dissenso assumono carattere e forme poco aristocratiche, lontane dal bon-ton in giacca e cravatta. E il tempo scorre inesorabile tra la ricerca di un profilo alto e una caduta in basso (Finocchiaro). Ogni tanto qualche nostalgico, con il grembiulino scolastico della Gelmini, e in perfetto stile “non è mai troppo tardi” ci ricorda che i salari sono bassi e la pressione fiscale troppo alta e se il governo continua così potrei anche arrivare ad esprimere il mio dissenso nel rispetto del ruolo e delle istituzioni che sono chiamato a rappresentare senza mai scadere nella forma espressiva di insulto o di vilipendio e bla,bla bla…….. Cari (nel senso dello stipendio) on. del PD non è su queste basi che si fonda la riforma del Welfare e il rilancio del mercato del lavoro, non è con queste basi che si condivide una forma di governo. In un contesto privo di novità, già vecchio nel suo proporsi, queste tematiche dovrebbero disegnare realmente i contorni del nuovo. Non già il riproporre elenchi di riforme come se fossimo stati folgorati sulla strada per chissà dove, come se l’avventura politica di molti di questi signori stia appena per cominciare. E poi, come se non bastasse, dobbiamo fare i conti con la politica dell’impressione, con i dilettanti del botto di fine anno, del tanto al metro, abili solo a costruirsi passaggi in video auto-celebrativi, senza vergogna, sempre truccati con un sorriso di plastica. E chi se ne frega poi se gli attuali equilibri politico-parlamentari sono quanto di più precario esiste oggi in Italia. E poi c’è l’ora del dialogo e ci incasiniamo con il sistema misto Germania/Spagna, o è forse quello Francese, con il Silvio che fa i capricci e i sindacati sempre più impegnati a discutere a Roma di alta politica, capaci di promuovere scioperi di avvertimento, mutuando il sistema tedesco, ma lontani anni luce dalle fabbriche dove ancora si lotta e si muore per il lavoro. C’ è bisogno di una classe nuova di politici, di persone che restituiscano la dignità alla politica, vissuta come servizio verso gli altri, al di fuori di supine appartenenze a gruppi di potere legati da interessi particolari di caste. Ricominciamo dal basso a parlare di cose della vita, pratiche di tutti i giorni, direttamente al popolo più creativo, capace di grandi gesti di solidarietà, di grandi gesti di integrazione e che sarebbe perfino capace di vivere in pace, senza la presenza inquietante di questa politica irresponsabile.
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