giovedì 27 giugno 2013

A Differet Job (responsabilità sociale d’impresa)

Il 17, 19 e 20 giugno scorso si è tenuta a Monza presso il Centro Diurno Stella Polare di Via Montecassino 8, la terza edizione dell’iniziativa di volontariato aziendale “A Different Job”, promossa da PricewaterhouseCoopers a favore di Consorzio Farsi Prossimo nell’ambito delle sue attività di responsabilità sociale d’impresa. Con questa iniziativa PwC, una delle big four delle società di revisione e consulenza con oltre 3.000 dipendenti in Italia, rinnova il suo impegno ad essere al fianco di Consorzio Farsi Prossimo, e lo fa ancora una volta in modo “differente”, offrendo la possibilità a ognuno dei suoi collaboratori della sede lombarda di rendersi utile per un’intera giornata al servizio di un progetto sociale. L’obiettivo del Different Job è da un lato quello di realizzare degli interventi di manutenzione straordinaria nella struttura che di volta in volta ospita i volontari, dall’altro quello di favorire l’incontro e la condivisione di esperienze tra persone che abitualmente vivono realtà distanti. Quest’anno, i volontari si sono dedicati alla manutenzione straordinaria del Centro Diurno Stella Polare, gestito dalla Cooperativa Novo Millennio. Il principale obiettivo dei volontari era la messa in ordine del giardino e la sistemazione degli spazi esterni, in linea con l’attenzione all’ambiente condivisa con PwC. Si sono occupati quindi della manutenzione dell’edificio con verniciatura del muro esterno, del riordino del magazzino e del giardino. Un gruppo ha anche partecipato ai laboratori insieme agli utenti del Centro (teatro, danza, ginnastica...). Di questo intervento ne hanno beneficiato anche gli spazi esterni del Centro Diurno Disabili della Cooperativa Lambro, che condividono insieme a Stella Polare l’ampio giardino. Nel 2013 hanno scelto volontariamente di aderire al Different Job 470 collaboratori della sede lombarda (il 30% sui 1.600), che si sommano agli oltre 200 partecipanti dell’edizione di maggio a Roma. 
Questo progetto permette il compiersi di una esperienza umana straordinaria, che attraverso il lavoro fatto insieme assicura la realizzazione di opere importanti per il benessere sia degli utenti dei centri sia dei lavoratori che le realizzano. Si incontrano realtà diverse e si conoscono, si scambiano e si condividono esperienze e ciò è fondamentale per la disabilità in genere, che con lo stigma sociale devono fare i conti giornalmente.
In un momento storico così difficile la solidarietà fra cittadini e lavoratori che vivono realtà diverse può essere una risorsa fondamentale non solo per trovare risposte alla crisi economica imperante ma anche per dare un senso “altro” più civile e di partecipazione a questa realtà così difficile.
Per questo speriamo che questa iniziativa sia di esempio per altre realtà che vogliano cimentarsi in tale fantastica avventura.

 
 
 
 



mercoledì 26 giugno 2013

Talete i Tuareg e l'Acqua

Devo dire che ho fatto abbastanza fatica a seguire gli interventi dei tecnici che hanno aperto la discussione su questo oggetto e non per una cattiva esposizione degli stessi ma, in virtù dello stato d'animo con il quale mi sono avvicinato all'argomento che, trattando di Acqua, pareva dover essere di estrema semplicità là, dove un referendum popolare ne aveva sancito la natura e la sua ragion d'essere. E in luogo della sua presunta semplicità ci siamo imbattuti in una realtà fatta di diversi soggetti, leggi, diritti, articolazioni tecniche, economiche, interpretative, in una complessa disputa, la cui ragione sfugge a molti cittadini, che oggi attendono di sentire parole semplici e chiare, com'è semplice e chiaro l'oggetto in discussione e come lo deve essere il suo futuro.

E allora vediamolo questo oggetto

L’acqua è ritenuta elemento chiave del cosmo e della vita fin dalle origini del pensiero greco. Talete, uno dei primi filosofi, ritiene l’acqua l’arché, cioè il principio ordinatore del mondo. L’acqua consente la vita in tutte le sue forma (vegetale, animale, umana); i semi per schiudersi hanno bisogno dell’umidità; gli embrioni vengono concepiti e crescono nell’acqua; noi siamo fatti in gran parte di liquidi.
In Eraclito si legge "dalla terra nasce l'acqua, dall'acqua nasce l'anima…" E l'origine acquatica della vita è stata da sempre riconosciuta da tutte le culture che hanno popolato la terra.
Nel territorio dell'uomo, l'acqua è parte fondamentale ed indispensabile per tutte le forme di vita e per la terra stessa e questo, in un rapporto materiale mai semplice e a volte anche complesso.
Le pratiche per garantirsi questo elemento sono diverse e variano a seconda del territorio, sopratutto in quegli ambienti segnati da una profonda aridità, dove l'acqua diventa la vera fonte di sopravvivenza.
"Aman Iman", ovvero "l'acqua è vita": così dicono i Tuareg, gelosi custodi delle secolari tradizioni del deserto del Sahara, che da sempre vivono il loro rapporto con l'acqua con la consapevolezza della sua intima relazione con la vita. Diversi sono i metodi che hanno sviluppato per procurasela e che variano da luogo a luogo e da stagione a stagione. Il tutto legato alla pioggia e alla sua generosa abbondanza. Pozzanghere, stagni e pozzi permanenti formano la loro naturale rete di distribuzione, in una logica di gestione semplice e di utilizzo collettivo.
Certo, luogo e situazioni particolari in un territorio dove il rapporto tra l'acqua e la vita assume forme che esaltano il suo essere elemento naturale come essenza della vita. Altra storia invece quella delle società nascenti, che hanno ritenuto come uno dei compiti fondamentali per il proprio sviluppo, quello del controllo e gestione dell'acqua. E qui la storia ci racconta l'evoluzione tecnica e sociale legata a questo prezioso elemento, che passa attraverso le diverse tecniche di raccolta, di conservazione e di utilizzo, mediante diversi e innovativi sistemi collettivi di distribuzione. Tutto questo senza dimenticare i costi, e spesse volte anche i dissesti, che un sistema idrico funzionante produce.
Arriviamo quindi al rubinetto di casa, quel piccolo accessorio che se da un lato ci permette comodamente di avere l'acqua potabile sempre e comunque a disposizione tutti i giorni dell’anno, dall'altro ci fa spesso dimenticare che c'è un bel pezzo di umanità che ogni giorno deve fare i conti con la scarsità e la non potabilità dell'acqua. Senza contare poi la trascurata necessità di dover ragionare sul meccanismo sociale ed economico che stà dietro al fenomeno della distribuzione/gestione. Che è ciò di cui ci stiamo occupando oggi.

L’acqua costituisce un bene comune dell’umanità, un bene irrinunciabile che appartiene a tutti. Il diritto all’acqua è un diritto inalienabile: dunque l’acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì bene condiviso equamente da tutti.
Uso queste parole per avviarmi alla conclusione dell'intervento e alla focalizzazione dell'obbiettivo che, per quanto mi riguarda, non può e non deve esaurirsi nella sola realistica necessità di avere un unico soggetto societario agente, (Soggetto che come illustrato dal S.G. e dai saggi, agisca in un complesso rapporto di amministrazione indiretta, pur conservandone la natura distinta e autonoma) e neppure nella scelta del nome da dare al contenitore che nascerà dalla fusione a freddo di alcune società attraverso le retrocessioni, la dove la questione è ancora legata a chi si fonde in chi.
Il tutto in una selva di distinguo e di interpretazioni giuridiche, motivo questo che ci costringe ancora oggi a parlare di esercizio provvisorio. Parole lontane dalla semplicità dell'oggetto e da quello che molti vorrebbero sentire.
E allora, a prescindere dalla natura e dalla ragione sociale del nuovo soggetto, ci corre l'obbligo di imporre qui l'assunzione di precisi impegni, in coerenza con i principi referendari volti a; garantire la tutela della risorsa attraverso il divieto di alienazione; il diritto e l’accesso all’acqua per tutti con politiche di distribuzione a prezzi contenuti; investimenti per implementazione e miglioramento del servizio, la sua conservazione per le generazioni future nonchè un impegno istituzionale di controllo e verifica attraverso una presenza di vigilanza attiva. Il nostro contributo personale non può e non deve esurirsi oggi, in quest'aula, con la fine della discussione. Sono i comportamenti individuali che concorrono al buon fine di un progetto. L'uso quotidiano dell'acqua definisce uno stile di vita per ciascuno di noi che, quanto meno risulta indifferente tantò più corrisponde ad una scelta etica e responsabile, rispetto all'uso che si fà di un bene così prezioso.

E in questo credo abbiamo molto da imparare dai Tuareg.













venerdì 14 giugno 2013

Violenza contro le donne ( Femminicidio)

 
Prima di entrare nel merito della mozione, vorrei esprimere una riflessione che potrebbe anche non trovare consenso in quest'aula.

L’umanità nei suoi contesti istituzionali internazionali, ha avuto bisogno più volte di ribadire i diritti del suo elemento unico e fondante: l’uomo. Dal punto di vista giuridico-legale queste irrinunciabili sottolineature si sono concretizzate a livello di organismi di portata mondiale: l’ONU ad esempio.
Nel dicembre 1948, viene scritta la Convenzione Onu sui diritti dell’uomo, immediatamente dopo un periodo storico ricco di eventi di estrema drammaticità come la nascita del nazismo e del fascismo, l’ascesa di altre dittature ed infine lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Ma dichiarare (o proclamare) i diritti dell’uomo non è stato sufficiente, perché nel corso dei decenni successivi si è presentata la necessità di ribadire, puntualizzare, specificare alcuni contenuti che, benché intrensicamente presenti nella prima convenzione, venivano o ignorati o sottovalutati. E allora una convenzione contro la discriminazione razziale, contro la discriminazione nei confronti della donna, contro la tortura, a favore dei diritti dei fanciulli, a favore dei lavoratori migranti e delle loro famiglie, a favore dei diritti delle persone con disabilità e oggi contro ogni forma di violenza sulle donne.
Questi ulteriori, e comunque importanti, specifiche convenzioni trattano di aspetti che fanno parte, e una parte fondante, dell’essere umano, perché le persone di tutte le etnie e culture sono uomini, perché le donne sono umanità, perché i bambini sono futuri uomini, perché i lavoratori e le persone che dipendono dal frutto del lavoro sono uomini, perché le persone disabili sono uomini. Ma allora perché il bisogno di altre convenzioni? Perché agli stati progrediti, democratici, tecnologicamente avanzati, va ribadito il concetto del “diritto dell’uomo”?
Si è creata la necessità, frutto di una drammatica esplosione del fenomeno violenza nelle sue molteplici declinazioni, di ratificare una convenzione contro la violenza sulle donne (e qui ci tengo a precisare che, a prescindere dalla locuzione donna, il dramma violenza sfonda i confini dell'età coinvolgendo purtroppo anche la fascia dei più piccoli) perchè si cominciasse a persarle come persone con prospettive di vita e di realizzazione personale e sociale pari a tutti gli altri. Ma siamo proprio sicuri che questo è un segno di civiltà o piuttosto una segno di sconfitta?      La dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro le donne del 1993 nell'art.1, descrive la violenza contro le donne come «Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata» La violenza contro le donne è una violenza di genere riconosciuta oggi dalla comunità internazionale come una violazione fondamentale dei diritti umani che trova una pretesa giustificazione nella distorsione culturale della relazione affettiva tra uomo e donna, nella asimmetria di potere che un genere esercita sull’altro.
Tornando all'oggi su questo dramma sociale del xx.mo secolo i dati si sprecano e ci raccontano tutta la dimensione di questo triste fenomeno. Le analisi degli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza contro le donne è diffusa nei paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo, la dove le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali o culturali dimostrando in maniera allarmante l'esplosione del fenomeno in tutte le sue forme, declinazioni e contesti sociali.
Insieme alla necessità e urgenza di potenziare tutte le strutture e le forme di assistenza a supporto delle donne maltrattate,(centri di ascolto e di assistenza, alloggi protetti, migliorare le sinergie fra apparati di controllo e repressione e altro ancora) ritengo fondamentale avviare un grande processo di riforma culturale attraverso campagne di prevenzione, sensibilizzazione e di educazione adottando tutte “le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini”.
Questo significa bonificare ogni forma di atteggiamento che mette a rischio “la concreta parità tra i sessi, rafforzando così l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne” dove ogni essere umano dovrà fare la sua parte, in tutti contesti istituzionali e non, nei luoghi di lavoro e divertimento, denunciando e isolando ogni forma di prevaricazione fisica e psichica.                  E qui anche le amministrazioni comunali sono chiamate a fare la loro parte.
Da qui parte la possibile strada che non solo porta le donne a sentirsi meno sole, in grado di superare la paura e divenire consapevoli che sconfiggere e sopravvivere alla violenza è possibile, ma anche quella che porta a consideraci un paese e un popolo più civile.
grazie



























martedì 11 giugno 2013

La faccia di strada del PD

Fatte tutte le legittime considerazione sull'astensionismo elettorale, non possiamo non riconoscere che in questo successo del csx c'è tutta la faccia buona del PD, quella di strada, dei molti volontari che vivono i luoghi del confronto, che sono poi quelli della disperazione di oggi. E mentre la politica di salotto, quella lontana e ciarliera, ingombra il video con passaggi autocelebrativi e festaioli qui non si festeggia niente. Perchè non c'è niente da festeggiare.
Le elezioni consegnano simbolicamente la città nelle mani di una nuova amministrazione, alla quale spetta il compito di amministrarne il patrimonio umano, economico, sociale, artistico e culturale. Per questo, chi amministra, riceve uno stipendio. Amministrare bene quindi è un atto dovuto nei confronti dei cittadini che pagando le tasse generano lo stipendio degli amministratori Al termine del mandato la città verrà restituita ai suoi cittadini.
Fare politica è un’altra cosa, i servizi, i marciapiedi, le strade, i giardini, ecc ecc sono atti dovuti
Il loro utilizzo e la loro ragione culturale è il fare della politica. E come se vi fossero due piani di azione, diversi ma assolutamente dipendenti uno dall'altro.
La politica nasce come arte della convivenza e attività fra esseri umani, per garantire l’affermazione dei diritti attraverso la conoscenza del territorio. Come strumento di relazione interpersonale e come disposizione ad agire per ripristinarla ogni volta che la violenza e l’intolleranza l’abbiano rotta.
La politica deve impegnarsi soprattutto nell’opera di restituzione dei cittadini alla città.
Ridare i cittadini alla città significa garantire a tutte le persone, la possibilità di vivere e godere pienamente dei beni e dei servizi creati poiché il riconoscimento alla vita sociale come un diritto per tutti, esalta il significato di appartenenza e di partecipazione attiva e democratica alla vita della comunità.
La macchina amministrativa poggia le sue fondamenta sul bilancio economico
Anche la politica ha il suo bilancio ma, in questo caso, parliamo di bilancio sociale.
Tre sono le parole chiave che fanno da cornice al bilancio sociale e che formano gli ingredienti della nostra visione di città futura e sono Aperta, Accessibile, Integrata.
Ecco che allora il bilancio sociale fatto di molti significati, strumenti e dati, dove una diversa concezione della comunità porterà a considerare i cittadini non come degli interessi ma soprattutto come delle persone, pone finalmente l’uomo al centro dell’attenzione rispetto al territorio. A tutti noi, nel tempo, è data la possibilità di valutarne gli effetti, in termini di ricaduta sulla città e di miglioramento della qualità della vita.
Se fossimo in una conferenza tra architetti a questo punto potremmo sentir parlare di Progettazione Universale.
Progettare o riqualificare la città con tutti i suoi servizi a misura degli anziani, dei disabili e dei bambini significa renderle fruibili a tutti in applicazione del concetto fondamentale di progettazione universale che considera a priori tutte le categorie d’utilizzatori.
Ecco che allora prende forma la nostra città del futuro. La città Universale

 

 

mercoledì 5 giugno 2013

Contratto Cantalupo 3 ( le periferie)


Come ho più volte sottolineato, rispetto al progetto nel suo insieme, non entrerò nel merito della questione dal punto di vista tecnico ma proverò a fare una riflessione sulle diverse declinazioni, che hanno trovato spazio nel dibattito e che ne hanno accompagnato l'iter fino ad oggi.
E lo faccio tentando una riflessione sul significato, più volte espresso in quest'aula, di periferia con tutte le accezzioni che ne hanno fatto da sfondo.

In uno dei miei recenti interventi ho già avuto modo di esprimermi sulla necessita di rivedere la definizione di periferia, almeno nella sua declinazione di spazio urbano e sociale particolare, per provare ad intenderla come una parte non ancora finita della città, quella città che come amministratori abbiamo pensato e costruito in questi anni. Una città dalla quale cogliere non solo gli aspetti negativi, più e più volte richiamati sopratutto in relazione al quartiere di Cederna, ma anche i molti aspetti positivi che ne costituiscono il senso profondo, che è poi l'essenza della sua funzione. Funzione ben descritta da Aristotele quando dice che gli uomini hanno fondato la città per vivere meglio insieme.
Dico questo perchè in quest'aula è esploso forte il concetto di periferia nella sua accezzione di indicatore spaziale di un disagio fatto di distanza dal centro, carenza di servizi e infrastrutture, ritardo nell’integrazione, tensione sociale, senso di emarginazione. Un luogo, insomma, dal quale fuggire appena possibile. Ci tengo a ribadire che in questo nuovo/vecchio contratto di quartiere ci sono molte delle risposte a questi disagi.
Detto questo ritengo anche legittima l'osservazione, di alcuni dei colleghi, su come poter continuare a lavorare sull'housing sociale e su come dare risposte a nuove richieste di spazi abitativi, cercando al tempo stesso di rideclinare il concetto di città modificando di conseguenza quello di periferia, per non andare ad aggravare la situazione già esistente in termini di consumo suolo e agglomerato urbano.
In questo contesto, il nostro sindaco con la delega alle politiche abitative, data all'Assessorato ai servizi alla persona, ha dimostrato di tenere in grande considerazione la questione del welfare abitativo. Una segnale forte di cambio di passo della nuova giunta. Oggi, risolvere la questione della casa, non è però facile. Trovati i fondi, che non ci sono oppure sono pochissimi, l’amministratore non ha in se molte opzioni; o continua a ‘costruire la periferia’, proponendo la realizzazione di programmi di edilizia assistita in aree sempre più suburbane o comincia a pensare di poter ‘lavorare nell’esistente’ con politiche diversificate come; finanziare affitti controllati nell’edilizia commerciale urbana, collegarsi ai programmi di microcredito, operare nel campo del restauro e del riuso cercando ove possibile occasioni per la densificazione dei tessuti urbani. E qui mi è doveroso fare un collegamento ai 21 ambiti di riqualifica (Piani integrati di intervento) presentati dall'Ass. Colombo, la dove è spressa chiaramente la volonta di intervenire anche con progetti di edilizia residenziale convenzionata. Questo significa contaminare la città con il concetto di periferia ricercandolo nei mille luoghi, e nelle mille forme e possibilità che si presentano. Parimenti alla condivisione di questo progetto è necessario quindi sostenere la realizzazione di opere che allarghino i confini dell'area che oggi viene definita centro, attraverso la riqualifica o progettazione di collegamenti rivolti verso il centro stesso. (cavalcavia, passaggi a livello, sottopassi, collegamenti ciclopedonali) In questo periodo abbiamo concentrato gli sforzi sul ricollegamento del quartiere S.Fruttuoso alla città, avviato una progettazione per migliorare e mettere in sicurezza i collegamenti con S.Albino, per non dimenticarci poi di S.Rocco che da tempo chiede l'apertura del collegamento Gentile-Borgazzi. Dobbiamo sforzarci nel pensare a ridisegnare virtualmente i confini della città, rinunciando alla periferia come modello di città a favore della città come modello di periferia e di società.