venerdì 12 luglio 2013

Convenzione scuole materne paritarie



Fatto salvo le premesse in convenzione, assolutamente condivisibili, trovo opportuno fare alcune riflessioni alla luce dell'importanza di questo argomento e in considerazione della recente vicenda referendaria, che lo ha visto al centro del dibattito nazionale per alcuni giorni, cominciando proprio dal termine Paritarie e dal significato sbagliato che spesso si da a questa parola. La Legge n.62 del 10 marzo 2000 riconosce il sistema nazionale di istruzione come un "unicum"" costituito dalle scuole statali, da quelle private e dagli enti locali. L'obiettivo dichiarato è quello di ampliare l'offerta formativa e rispondere alla domanda del "servizio" istruzione, dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita. Con il termine paritarie la stessa legge definisce le "istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, in particolare per quanto riguarda l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale". Questo significa che alle scuole Paritarie viene quindi riconosciuta la "parità" in termini di allineamento ai parametri posseduti dalle scuole statali, riguardanti l'offerta formativa e l'autorizzazione a rilasciare titoli di studio equipollenti.
In questo contesto anche le scuole materne comunali, oggetto della discussione di oggi, sono per definizione
“scuole paritarie comunali”, cosi per ribadire ancora una volta che il termine paritarie non definisce ne loro natura privatistica ne tantomeno pubblica. La legge 62 del 2000 sancisce inoltre che ciò che definisce la sfera pubblica non è la natura giuridica dei soggetti che in essa operano, ma il fine perseguito, che deve essere universalista. Una scuola cioè, aperta a tutti, che non pratica discriminazione alcuna e il carattere no profit dell'attività svolta. All'interno di questo orizzonte, è sorta fin dal secolo scorso un'alleanza strategica tra enti pubblici e soggetti della società civile organizzata, quali parrocchie e comitati di genitori. Stiamo parlando quindi di scuole che possono essere gestite da privati, da religiosi o da enti locali che hanno dimostrato di possedere tutti i requisiti richiesti dalla legge 62 e che in alcune parti sono riportati nei punti della convenzione che andremo a votare.                                                         
La seconda riflessione, riguarda l'eterna questione economica e l'opportunità o meno di investire denaro pubblico per finanziare scuole private paritarie. E qui trovano spazio posizioni diverse frutto di storie e culture diverse. Ancora forte è la posizione di molti che sostengono che i poveri non devono pagare la scuola dei ricchi (dimenticandosi però che trattandosi di soldi pubblici questi provengono anche da tasse pagate dai ricchi). C'è poi chi afferma che la scuola pubblica in uno stato cosidetto laico è più libera e meno condizionabile e ancora, ciò che forse conta di più, è che a parita di offerta formativa quella pubblica è sicuramente alla portata di tutti. Di contro naturalmente ci sono le posizioni di chi difende le scuole private. Nel mezzo ci stà sicuramente l'affermazione che, mentre posso scegliere in quale scuola pubblica iscrivermi lo stesso non lo posso fare nel caso di una privata, la dove l'offerta formativa spesso determina un aumento consistente della retta. Questo ragionamento apre un fronte di discussione molto ampio, oltre che sulla libertà di scelta anche sul giudizio se è meglio il pubblico o il privato, sulle modalità di selezione dei docenti e sulla determinazione delle rette in funzione dei contributi pubblici. Argomento questo che ci riporta all'oggetto dell'ordine del giorno. Guardando in casa nostra non possiamo ignorare l'evidente mancanza di strutture pubbliche tali da poter soddisfare tutte le richieste. Ecco che allora L'opportunità di cui sopra si trasforma in necessità, caratterizzandosi in questa convenzione che, fatto salvo le premesse, prevede un considerevole impegno di spesa pubblica, a proposito del quale vi è un parere della corte dei conti che afferma che a certe condizioni dichiarate (funzioni sostitutive pubbliche, utilità pubblica, mancanza di strutture etc..) gli enti locali possano erogare anche contributi ordinari a scuole d'infanzia private. Rispetto all'oggetto nel suo impianto generale mi trovo perfettamente daccordo con chi auspica l'ampliamento e la valorizzazione delle strutture comunali operanti sul territorio. Sono belle parole che però devono confrontarsi con le disposizioni e le difficoltà economiche in cui operano molti comuni. Ritengo invece fondamentale richiamare la commissione incaricata, nello svolgimento delle funzioni di controllo, a cominciare dal rispetto delle norme elencate nella L.62, condizione prima per avere lo status di scuola paritaria. E in particolare per quanto concerne l'applicazione delle norme legate all'accesso e fruizione delle persone con disabilità nonchè la pari dignità e uguaglianza di trattamento per tutti i bambini a prescindere dalla diversità di genere.