lunedì 2 aprile 2012

Progetto di vita

Art.1 legge 328

 La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione. (L.328)

In questo articolo si fa riferimento alle condizioni di bisogno delle persone, ma si parla soprattutto di qualità della vita, pari opportunità e di diritti.
La riflessione la vorrei fare ponendo le due questioni Diritti e Bisogni su piani differenti.
Va ricordato che mentre i bisogni sono per definizione individuali, i diritti, sempre per definizione, sono collettivi.
Nel corso degli anni, a partire dalla scrittura della nostra costituzione, a cui a fatto seguito la Convenzione Onu sui diritti dell’uomo, abbiamo sentito più volte il bisogno di ribadire i diritti del suo elemento unico fondante; l’uomo.
Ecco allora una convenzione contro la discriminazione razziale, contro la discriminazione nei confronti della donna, contro la tortura, a favore dei diritti dei fanciulli, a favore dei lavoratori migranti e delle loro famiglie e, ultima di tempo, a favore dei diritti delle persone con disabilità.
Queste ulteriori, e comunque importanti, specifiche convenzioni trattano di aspetti che fanno parte, dell’essere umano, perché le persone di tutte le etnie e culture sono uomini, perché le donne sono umanità, perché i bambini sono futuri uomini, perché i lavoratori e le persone che dipendono dal frutto del lavoro sono uomini, perché le persone disabili sono uomini. Ma allora perché il bisogno di altre convenzioni? Perché agli stati progrediti, democratici, tecnologicamente avanzati, va ribadito il concetto dei “diritti dell’uomo”?
Forse perché si è lasciato campo ad una cultura che marcava le differenze e ad uno stato sociale che per distinguersi aveva bisogno di creare differenze.
Ma quali sono le reali differenze fra le persone oggetto di tali convenzioni, le cosi dette più deboli e gli altri?  Nessuna nella sostanza.
Ma c’è però qualcosa che li accomuna e che si chiama “progetto di vita”  e che accompagna ciascuno di noi. Prefigurarsi un progetto di vita non è appannaggio solo di pochi, ma una necessità di tutti.
Certo, esistono poi delle variabili che possiamo riportare come specificità per i soggetti più deboli e che sono le strategie necessarie, da mettere in campo perché il progetto si realizzi. Questa dovrebbe essere la competenza dei servizi, degli enti, delle professionalità coinvolte. Trovare strategie mirate, create ad hoc perché il progetto possa svilupparsi e crescere con la persona, ciascuno con tutti i suoi limiti.
Il disabile ha il diritto di stare in società mentre non è un diritto della società decidere di integrarlo. Io parto dal presupposto che quel bambino deve stare a scuola, così com’è; è difficile? Allora io intervengo sul come trovare le strategie.”
Continuare poi a parlare di inclusione è sbagliato, cosi facendo si rafforza la convinzione che c’è qualcuno che sta fuori.
Serve fare comunità, con una politica sociale che operi con interventi affinché nessuno resti escluso. Un progetto di vita che renda la persona parte di tutto.
La città, che è la forma di governo più vicina ai cittadini, ha il compito di promuovere e sostenere questo progetto, in tutte le sue forme e dinamiche, e come se prendesse il cittadino per mano fin dalla nascita per accompagnarlo nelle fasi della sua di vita, fino al delicato periodo della vecchiaia, adoperandosi affinché i Diritti non si trasformino in bisogni.
E all’interno di questo progetto si incastra tutto il resto.
Il progetto di vita, quindi, è il vero (e forse unico) elemento unificante tra le persone: il progetto di vita dovrebbe dunque costituire lo strumento principale attraverso il quale una politica sociale mette al centro la persona tenendo conto delle diverse fasi della sua vita.
Questo è lo stile che dovrà differenziale la politica sociale del futuro, passando attraverso un doveroso confronto sulla politica del presente. Se non si farà questo si continuerà a dar voce a chi, per garantire la normalità, crea insanabili disuguaglianze.

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