mercoledì 26 giugno 2013

Talete i Tuareg e l'Acqua

Devo dire che ho fatto abbastanza fatica a seguire gli interventi dei tecnici che hanno aperto la discussione su questo oggetto e non per una cattiva esposizione degli stessi ma, in virtù dello stato d'animo con il quale mi sono avvicinato all'argomento che, trattando di Acqua, pareva dover essere di estrema semplicità là, dove un referendum popolare ne aveva sancito la natura e la sua ragion d'essere. E in luogo della sua presunta semplicità ci siamo imbattuti in una realtà fatta di diversi soggetti, leggi, diritti, articolazioni tecniche, economiche, interpretative, in una complessa disputa, la cui ragione sfugge a molti cittadini, che oggi attendono di sentire parole semplici e chiare, com'è semplice e chiaro l'oggetto in discussione e come lo deve essere il suo futuro.

E allora vediamolo questo oggetto

L’acqua è ritenuta elemento chiave del cosmo e della vita fin dalle origini del pensiero greco. Talete, uno dei primi filosofi, ritiene l’acqua l’arché, cioè il principio ordinatore del mondo. L’acqua consente la vita in tutte le sue forma (vegetale, animale, umana); i semi per schiudersi hanno bisogno dell’umidità; gli embrioni vengono concepiti e crescono nell’acqua; noi siamo fatti in gran parte di liquidi.
In Eraclito si legge "dalla terra nasce l'acqua, dall'acqua nasce l'anima…" E l'origine acquatica della vita è stata da sempre riconosciuta da tutte le culture che hanno popolato la terra.
Nel territorio dell'uomo, l'acqua è parte fondamentale ed indispensabile per tutte le forme di vita e per la terra stessa e questo, in un rapporto materiale mai semplice e a volte anche complesso.
Le pratiche per garantirsi questo elemento sono diverse e variano a seconda del territorio, sopratutto in quegli ambienti segnati da una profonda aridità, dove l'acqua diventa la vera fonte di sopravvivenza.
"Aman Iman", ovvero "l'acqua è vita": così dicono i Tuareg, gelosi custodi delle secolari tradizioni del deserto del Sahara, che da sempre vivono il loro rapporto con l'acqua con la consapevolezza della sua intima relazione con la vita. Diversi sono i metodi che hanno sviluppato per procurasela e che variano da luogo a luogo e da stagione a stagione. Il tutto legato alla pioggia e alla sua generosa abbondanza. Pozzanghere, stagni e pozzi permanenti formano la loro naturale rete di distribuzione, in una logica di gestione semplice e di utilizzo collettivo.
Certo, luogo e situazioni particolari in un territorio dove il rapporto tra l'acqua e la vita assume forme che esaltano il suo essere elemento naturale come essenza della vita. Altra storia invece quella delle società nascenti, che hanno ritenuto come uno dei compiti fondamentali per il proprio sviluppo, quello del controllo e gestione dell'acqua. E qui la storia ci racconta l'evoluzione tecnica e sociale legata a questo prezioso elemento, che passa attraverso le diverse tecniche di raccolta, di conservazione e di utilizzo, mediante diversi e innovativi sistemi collettivi di distribuzione. Tutto questo senza dimenticare i costi, e spesse volte anche i dissesti, che un sistema idrico funzionante produce.
Arriviamo quindi al rubinetto di casa, quel piccolo accessorio che se da un lato ci permette comodamente di avere l'acqua potabile sempre e comunque a disposizione tutti i giorni dell’anno, dall'altro ci fa spesso dimenticare che c'è un bel pezzo di umanità che ogni giorno deve fare i conti con la scarsità e la non potabilità dell'acqua. Senza contare poi la trascurata necessità di dover ragionare sul meccanismo sociale ed economico che stà dietro al fenomeno della distribuzione/gestione. Che è ciò di cui ci stiamo occupando oggi.

L’acqua costituisce un bene comune dell’umanità, un bene irrinunciabile che appartiene a tutti. Il diritto all’acqua è un diritto inalienabile: dunque l’acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì bene condiviso equamente da tutti.
Uso queste parole per avviarmi alla conclusione dell'intervento e alla focalizzazione dell'obbiettivo che, per quanto mi riguarda, non può e non deve esaurirsi nella sola realistica necessità di avere un unico soggetto societario agente, (Soggetto che come illustrato dal S.G. e dai saggi, agisca in un complesso rapporto di amministrazione indiretta, pur conservandone la natura distinta e autonoma) e neppure nella scelta del nome da dare al contenitore che nascerà dalla fusione a freddo di alcune società attraverso le retrocessioni, la dove la questione è ancora legata a chi si fonde in chi.
Il tutto in una selva di distinguo e di interpretazioni giuridiche, motivo questo che ci costringe ancora oggi a parlare di esercizio provvisorio. Parole lontane dalla semplicità dell'oggetto e da quello che molti vorrebbero sentire.
E allora, a prescindere dalla natura e dalla ragione sociale del nuovo soggetto, ci corre l'obbligo di imporre qui l'assunzione di precisi impegni, in coerenza con i principi referendari volti a; garantire la tutela della risorsa attraverso il divieto di alienazione; il diritto e l’accesso all’acqua per tutti con politiche di distribuzione a prezzi contenuti; investimenti per implementazione e miglioramento del servizio, la sua conservazione per le generazioni future nonchè un impegno istituzionale di controllo e verifica attraverso una presenza di vigilanza attiva. Il nostro contributo personale non può e non deve esurirsi oggi, in quest'aula, con la fine della discussione. Sono i comportamenti individuali che concorrono al buon fine di un progetto. L'uso quotidiano dell'acqua definisce uno stile di vita per ciascuno di noi che, quanto meno risulta indifferente tantò più corrisponde ad una scelta etica e responsabile, rispetto all'uso che si fà di un bene così prezioso.

E in questo credo abbiamo molto da imparare dai Tuareg.













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